martedì 10 marzo 2015

Un Rayo muy Bueno


Il pranzo di domenica, nel primo pomeriggio, dev'essere stato parecchio indigesto al Rayo Vallecano. La compagine madrilena, dopo essere uscita con le ossa rotte dal "Camp Nou", ha visto una classifica farsi pericolosamente difficile, soprattutto perchè in fondo - seppur nessuno corra - le squadre in lotta per la salvezza qualche punto qua e là lo collezionano sempre.

Fare risultato a Barcellona comunque non era nemmeno preventivabile, e trovare barlumi di ottimismo in un 6-1 è difficile anche per un tecnico da sempre positivo come Paco Jemez, vero uomo in più di questo Rayo. Se la Banda ha inanellato salvezze nelle stagioni scorse - in cui la rosa tutto era fuorchè da metà classifica - molto lo deve a colui che siede in panchina, allenatore preparato e motivatore, che dai suoi tira sempre fuori il meglio anche a livello caratteriale emulando un po' ciò che in Italia è peculiarità di Gianpiero Ventura. A beneficiarne è un po' tutta la rosa, ed a testimoniarlo è il fatto che molti ragazzi ceduti dalla società poi sono tornati a Vallecas convinti di poter essere rilanciati; il primo esempio è Leo Baptistao, attaccante che due anni fa fu uno dei protagonisti di un'insperata salvezza. Poi c'è Alberto Bueno, uno che da queste parti è diventato un vero e proprio idolo locale grazie al lavoro ed all'attaccamento ad una maglia pesante, seppur rappresentativa di una piccola comunità.

Quando due settimane fa la punta del Rayo ha segnato quattro gol al Levante in un quarto d'ora, tutta l'Europa calcistica si è fermata - anche solo un minuto - per capire da dove è uscito questo ragazzo mai andato in doppia cifra in carriera fin quando sulla propria strada non ha incontrato Jemez. Un record sfiorato (nel 1995 il brasiliano Bebeto segnò quattro reti in circa tredici minuti) è solo l'apice della "nuova" vita di Bueno, nato nelle giovanili del Real Madrid e cresciuto come un predestinato fin quando non dovette fare i conti con la realtà.

Una realtà dura, quella di questo classe 1988, che a cavallo dei vent'anni ha collezionato tre presenze in Liga ed una in Champions League con le "Merengues", salvo poi rendersi conto che forse la dimensione "galactica" non faceva per lui. L'anno dopo decide così di lasciare Madrid per firmare con il Valladolid, squadra con la quale passerà la prima stagione a lottare (fallendo) per non retrocedere. Dopo la parentesi in Championship, al Derby County, ecco il ritorno con la maglia "pucela". Il suo problema è uno, ma gigante, e riguarda la fase realizzativa; il suo tecnico di allora, Miroslav Djukic, per lui stravede perchè tatticamente è una punta disciplinata e sempre incline al sacrificio, ma Bueno non segna e soprattutto non è costante. Già, perchè oltre a metterla dentro con il contagocce, il madrileno di nascita alterna prove pazzesche ad altre grigie, retrocedendo giocoforza nelle gerarchie di squadra e "guadagnandosi" in molte occasioni la panchina. Dodici gol in due stagioni sono troppo pochi, soprattutto perchè la squadra gioca in Segunda Division; con la promozione Bueno va verso la conferma, ma Paco Jemez - al quale nel frattempo hanno smantellato la squadra un'altra volta - lo chiama di persona e gli propone la destinazione Rayo Vallecano.

"Abbiamo bisogno di uno che corre e lotta - gli dice Jemez - poi sui gol lavoreremo insieme". Detto, fatto. Valigie pronte e arrivo a Vallecas in sordina, tanto lavoro e umiltà a servizio del gruppo. Dopo un periodo di inserimento contorniato da numerose panchine (una doppietta all'esordio all'Elche), per aspettarlo con continuità bisogna arrivare a dicembre, dove Bueno inizia a distribuire gol pesanti, con l'apice della doppietta salvezza davanti al proprio pubblico, nel 3-0 al Celta Vigo. Quest'anno invece la musica è cambiata, con tredici gol segnati fino ad oggi e una posizione in classifica marcatori che davanti a lui vede solo fenomeni e - di contro - lo posiziona davanti a gente del calibro di Mandzukic, Aduriz e Vietto.
Merito, se ancora ci fosse bisogno di dirlo, di Jemez, che gli ha trovato una collocazione nel suo 4-2-3-1 di stampo offensivo, in un impianto di gioco in cui la squadra se la va a giocare contro ogni avversario, talvolta sbragando sì, ma con la consapevolezza di fare calcio. Dietro ad un centravanti di ruolo Bueno ha trovato la sua parte di campo ideale, perchè i suoi movimenti senza palla gli permettono di aggredire gli spazi con particolare efficacia, con conseguente via del gol facilitata. 

A 27 anni da compiere è il momento di fare il salto e tornare, almeno con le motivazioni, a qualche anno fa quando era l'uomo copertina di quell'under 19 che vinse l'Europeo in Polonia con lui capocannoniere del torneo.

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