Domenica 14 ottobre 2012. Allo Stadio Olimpico di Yaoundè, Camerun, il piccolo Capo Verde festeggia la sua prima e storica qualificazione alla Coppa d’Africa. Seppur sconfitta per 2-1, la minuscola ex colonia portoghese riesce a procurarsi i suoi 180 minuti di gloria. Da queste parti le chiamano “Giants Killing”, giustiziatrici di giganti. Ma il gigante in questione non è più quello di una decade fa.
Attorno alla festa incredula di Capo Verde si stagliano le strazianti
lacrime dei giocatori del Camerun che si mischiano a rabbia ed amarezza;
amarezza per una qualificazione alla massima competizione continentale
sfuggita per la seconda volta di fila, una sentenza inappuntabile figlia
di errori e delle gestioni scellerate che i massimi dirigenti
calcistici del posto hanno contribuito a creare. A Yaoundè piangono
anche i tifosi presenti sulle tribune, vicini ad una Nazionale che un
tempo era frequentata dai celebri “Leoni Indomabili” ed oggi pare aver
perso il suo splendore di un tempo. Sotto la pioggia volano pietre,
insulti e pure un tamburo: Eto’o e Wome, i due senatori del gruppo,
provano a calmare gli animi avvicinandosi agli spettatori ricevendo,
come risposta, un paio di ombrelli gettati da qualche metro di distanza.
E’ l’ultimo segno di declino di un movimento calcistico che negli anni
’80 fino ai primi ’90 segnò l’ascesa del Continente Nero nello sport più
popolare del mondo. Il Camerun di Roger Milla e Thomas N’Kono non
esiste più da quando la Federazione ha deciso per fini personali di
tagliare i fondi destinati alla crescita del movimento, per arricchire
le tasche dei soliti noti non prevedendo che senza un adeguato ricambio
generazionale anche il diamante più brillante si trasforma nella più
grezza delle pietre. Corruzione e collusione con la malavita, qui, sono
all’ordine del giorno, tanto che ad un certo punto i giocatori hanno
deciso di fare chiarezza. Samuel Eto’o è colui che ha avuto il ruolo più
importante nella “rivoluzione” del 2011, quando assieme ai suoi
compagni più importanti proclamò uno sciopero fino a data da destinarsi
per costringere i vertici della Federazione a fare luce su dove e come
sono stati impiegati i soldi incassati negli ultimi anni tra tornei ed
amichevoli di prestigio.
“Qualche anno fa il Camerun aveva un futuro roseo davanti – ha detto l’ex centravanti interista a più riprese – ma certi personaggi hanno deciso di arricchirsi senza pensare ad altro. E questi sono i risultati”. “A
fine 2011 abbiamo detto basta, volevamo capire com’era possibile che la
federazione non fosse in grado di pagare nemmeno una trasferta. Più
volte sono stato io a mettere mano al portafoglio, e questa storia deve
finire”, ha concluso Eto’o. Parole sante, ma anche i giocatori non
sono immuni da colpe. Il ruolo da sindacalista si addice molto al bomber
dell’Anzhi, che nelle sue spiegazioni omette i presunti litigi con
altri esponenti importanti della Nazionale e, soprattutto, non menziona
la lotta interna tra giocatori provenienti da tribù diverse.
L’ex ct del Camerun, Jean Paul Akono, ha più volte ripreso Eto’o dopo
averlo osannato per anni. Fu proprio Akono a creare i primi dissidi
interni quando, nel 2009, accettò l’ultimatum di Samuel che promise di
far ritorno in squadra solo se avesse avuto la sicurezza della fascia di
capitano. Akono acconsentì e la strappò dal braccio di Rigobert Song
tra le proteste generali. Oggi è il nipote di Song a litigare con l’ex
nerazzurro; infatti Alex, passato in estate dall’Arsenal al Barcellona, è
venuto alle mani con il rivale più volte e lo spogliatoio sì è
equamente diviso, creando ulteriori grattacapi ai vari tecnici che si
sono susseguiti su una panchina che definire incandescente è un
eufemismo.
Non solo Song: Eto’o è tacciato di essere responsabile anche
dell’esclusione definitiva di Assou-Ekotto, laterale mancino del
Tottenham mai più convocato dopo una sfuriata post trasferta. “Quello là (Eto’o ndr) – ha detto di lui Assou-Ekotto – spero di non incontrarlo mai per strada”. Non
ha perso il posto invece l’ex Betis Achille Emana, altro giocatore che
con l’attaccante dell’Anzhi non ha un buon rapporto. Parole al vetriolo
anche da lui: “Eto’o? Finché ognuno fa il suo dovere va bene, ma di certo non posso dire che siamo amici”.
Tutto questo mentre in Camerun il campionato locale stenta a ripartire,
il presidente della Repubblica e quello della Federazione sono accusati
di prendere “mazzette” per agevolare alcuni ad entrare nei quadri
federali a discapito di altri, e perfino gli allenatori fuggono appena
sentono odore di bruciato o quando dall’alto gli vengono imposti dei
giocatori piuttosto che altri. Ed è così che una Nazionale di talento,
pur vantando giocatori di qualità notevole (N’Koulou, Olinga, Eto’o,
Makoun, Kameni, lo stesso Song), si ritrova a partire dall’ennesimo
“anno zero”.
Perfino Henri Michel, tecnico giramondo che in Africa ha allenato
tanto, è scuro in volto quando parla della sua esperienza in Camerun: “In Camerun ho allenato poco, ma per quanto mi riguarda ci sono stato fin troppo”. Più chiaro di così.
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