Maggio 1991. Nella finale dei playoff
per la promozione in Primera Division si sfidano a Montevideo El Tanque
Sisley e Racing, finaliste di un quadrangolare per la risalita dopo
un’estenuante stagione passata a battagliare nelle posizioni che
contano. Al minuto 89 il risultato è ancora fermo sullo 0-0, ma il
Tanque sta premendo da parecchio per sbloccare una partita che pare
stregata. Da un cross apparentemente innocuo proveniente dalla destra
Osvaldo Canobbio trova il tempo vincente per inzuccare quello che
diventerà il gol più importante della storia per El Tanque; un gol che
vale la promozione, la prima in assoluto nella storia della matricola
neroverde nata nel 1972 da una fusione tra Club Atletico El Tanque e
Sportivo Italiano che ad occhio sembra il Sassuolo ma dalla sua (breve)
storia è paragonabile al Chievo Verona.
Un piccolo quartiere di Montevideo che si trasforma in squadra da
battere. Sta succedendo in questa stagione, dove dopo tre partita il
Verdinegro guida la classifica a punteggio pieno dopo aver messo in riga
squadre decisamente alla portata esprimendo però un gioco fatto di
verticalizzazioni e ripartenze mediante interpreti pescati nelle
categorie inferiori oppure ultratrentenni che nel dipartimento di
Florida hanno trovato nuovi stimoli per rimettersi in gioco. El Tanque
gioca, si diceva. E lo fa bene, guidato – guarda un po’ – proprio da
Osvaldo Canobbio, uno dei tecnici in rampa di lancio della nuova
generazione Celeste di allenatori. Ha studiato dal Maestro, di nome e di
fatto, come lui stesso ha ammesso in più di un’intervista: “Il mio
modello è Oscar Tabarez, un allenatore che possiede doti sia dentro al
campo che fuori. Uno che parla poco ma lavora molto”.
Paragone azzeccato, così come molte somiglianze non saranno passate
inosservati agli amanti del futbol che si gioca a quelle latitudini. La
squadra è un mix di tecnica e gente che punta sul fisico, alcuni hanno
sposato la causa del Tanque senza pensarci su due volte. E’ il caso ad
esempio, di Gaston Puerari, punta nativa di Paysandù che dopo un bel
girovagare in patria ha deciso di lasciare il suo ultimo club, il Fenix,
per approdare a Florida. E come lui altri giocatori importanti, dal
portiere Nicolas Perez al terzino brasiliano Cauè, dai centrocampisti
argentini Minutillo e Marcariè al talentuoso centravanti classe 1992
Santiago Lamanna. Questo perché a Florida, seppur non girino grandi
capitali, c’è un mini progetto. Innanzitutto la società ha rilevato
l’impianto locale sistemandolo e rendendolo uno stadio da poco più di
seimila posti, che sono sì pochi ma abbastanza per la tifoseria poco
numerosa del Verdinegro che ad ogni partita riempie l’Estadio Della
Valle; in secondo luogo, El Tanque è una delle poche società uruguagie
ad avere un centro sportivo, anche questo piccolino, ma vero orgoglio e
fiore all’occhiello di Montevideo.
Per arrivare a questo c’è però voluta una storia costellata dalle
fatiche. Dopo aver ottenuto la promozione nel 1991 El Tanque esordì col
botto anche in Primera, dove in una sola settimana nell’ottobre dello
stesso anno battè in sequenza il Nacional al Parque Central ed il
Penarol al Centenario. Mica male per il Chievo d’Uruguay, che però a
fine stagione retrocede ugualmente per poi risalire l’anno successivo.
Fino al 2009 la matricola naviga anonimamente in Segunda, ma nella
temporada 2009/10 trascinata dal bomber Daniel Martinez ottiene una
promozione inattesa all’ultima giornata, sempre vincendo la partita
decisiva per 1-0 con una rete all’89’. Questa è storia, la storia che si
ripete. Un loop nel quale El Tanque si è fatto trovare pronto ad
afferrare l’occasione della vita perché da quel giorno nasce una nuova
società, rilevata dall’industriale Freddy Varela che vuole emergere
anche in un paese calcisticamente monopolizzato dalle due superpotenze
Nacional e Penarol. In realtà è un successo che non si completa, anche
se El Tanque ottiene tre salvezze di fila e in questo semestre – ad oggi
– nutre speranze di titolo soprattutto se i colossi perderanno energie
concentrandosi sulla Libertadores.
Il segreto di un lavoro ben riuscito lo ha spiegato proprio il numero
uno della società, il Presidente Varela, in una recente intervista ad
ESPN: “Non possiamo permetterci grandi giocatori – ha detto Varela – ma
possiamo permetterci grandi uomini. In campo ed in società. Lavoriamo
sette giorni su sette alla ricerca di bambini da inserire nelle nostre
scuole calcio per farli crescere e toglierli dalla strada”. E i
risultati si vedono: “Siamo una società che comunque deve ancora
raccogliere i frutti del lavoro fatto sui giovanissimi. Se tra 4-5 anni
la maggior parte di loro arriverà in prima squadra vorrà dire che El
Tanque è destinato a diventare una grande”.
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