mercoledì 14 maggio 2014

Intervista a Marco Bagozzi: "Corea del Nord, tra calcio e fenomeno sociale"



Confessiamolo. Che in Italia possa esserci un appassionato di calcio asiatico ci sta. Infatti, da parecchio tempo le gesta dei giocatori militanti in campionati orientali arrivano puntualmente in Italia, grazie a nostri atleti connazionali o tv specializzate, che ci raccontano con molta solerzia la Coppa d'Asia per nazioni piuttosto che la Champions League. Marco Bagozzi è un ragazzo che però è "uscito dagli schemi", appassionandosi alla Repubblica Democratica di Corea ed al suo movimento calcistico, aprendoci anche un blog al riguardo (che si chiama "Calcio Corea"). Con lui ci siamo fatti una piacevole chiacchierata.




* Ciao Marco. La prima domanda è chiaramente d’obbligo: da dove nasce questa tua passione per la Corea del Nord?
Innanzitutto, grazie per l’ospitalità. La passione per il calcio nella Repubblica Democratica Popolare di Corea (il nome corretto del paese) nasce alla vigilia dei mondiali sudafricani. Già da anni seguivo la politica del paese est-asiatico e al momento di scegliere la squadra “simpatia” della competizione iridata mi sono imbattuto in questi ragazzi dei quali nessuno sapeva niente. La mia curiosità mi ha spinto a cercare maggiori informazioni e sono nati il blog e successivamente i due libri sulla Corea del Nord.


* Per noi italiani, Corea del Nord significa essenzialmente una cosa, ovvero il Mondiale del 1966 dove una sconosciuta nazionale sentenziò clamorosamente gli Azzurri.
Sì, è vero. Per l’Italia fu uno shock. Anche perché nessuna nazionale asiatica aveva fatto qualcosa di lontanamente simile prima. Ma allora il calcio italiano seppe rialzarsi, oggi farebbe molta più fatica. Il mondiale del 1966 per i coreani è forse la più straordinaria pagina sportiva mai scritta. Ancora oggi è un ricordo indelebile. 



* Rimanendo in tema “nazionale”, la selezione nordcoreana ha partecipato all’ultima edizione sudafricana della kermesse iridata. Fu un caso? E che cosa non ha funzionato nell’ultimo cammino di qualificazione?
No, non fu un caso. Quella che si qualificò nel 2010 aveva almeno 3-4 elementi di alto livello, come Ri Myong-Guk e Hong Yong-Jo, rispettivamente portiere e capitano, che finirono nelle nomination per il Pallone d’oro asiatico, Mun In-Guk, il centrocampista esterno di sinistra, un trotterellino inarrestabile, e Jong Tae-Se, la punta centrale nata in Giappone. Inoltre la difesa fu tra le meno battute di tutte le qualificazioni.
Nelle ultime qualificazioni invece c’è stata un po’ di sfortuna, con un girone particolarmente ostico, con Giappone ed Uzbekistan, e un ricambio generazionale che non ha funzionato come doveva. Però una bella soddisfazione se la sono tolta, vincendo 1-0 in casa contro il Giappone imbattuto di Zaccheroni. 


* Sulla homepage del tuo blog c’è una frase molto curiosa: “In Corea il calcio lo si giocava ancor prima che in Inghilterra”. Ce la spieghi?
Coreani e cinesi rivendicano di essere i veri padri del calcio, visto che nei secoli scorsi da quelle parti si giocava il chukku, che effettivamente è stato riconosciuto anche dalla FIFA come uno dei progenitori del calcio moderno. Quando i coreani giunsero in Inghilterra, uno degli accompagnatori della nazionale pronunciò questa frase, che ho ritrovato trascritta sul Mundo Deportivo, e mi sembrava ideale per introdurre il blog e il libro. 



* Oltre al tuo curatissimo spazio, hai scritto anche un libro che si intitola “Con lo spirito Chollima”, produzione che hai presentato anche in più sedi di un certo livello. Ce ne parli brevemente?
Il libro è un libro di storia, non un romanzo o una storia romanzata. Vengono riportate storie, dati, nomi. Ho cercato di condensare tutto quanto avevo scoperto di utile e curioso sul calcio nordcoreano. E’ una lunga cavalcata dalle prime partite degli anni ’50 ai giorni nostri. Mi ha dato enormi soddisfazioni, con recensioni positive su Limes, Guerin Sportivo, Corriere dello Sport, fino alla recente ampia citazione, accompagnata dalla definizione di “gioiellino”, durante il programma di Federico Buffa su Sky.
Il buon successo della prima pubblicazione, mi ha dato inoltre la forza per continuare a lavorare su questi temi e per dare alle stampe quello che è il seguito di “Con lo Spirito
Chollima”, cioè “Patria, popolo e medaglie” che è la storia di tutto lo sport in Corea del Nord, dal Taekwondo a Dennis Rodman… 


* Passiamo al calcio giocato. Il campionato locale non è tra i più famosi d’Asia. A che serie italiana lo paragoneresti a livello di gioco e impostazione tattica?
E’ difficile comparare: in Corea non ci sono professionisti e il calcio, come tutto il resto dello sport, è solo una parte della formazione fisica, culturale ed umanistica del cittadino coreano. Le migliori squadre (quelle legate all’esercito come 25 Aprile e Sonbong, o ai Ministeri più importanti come l’Amnokgang) forniscono la nazionale di molti elementi interessanti. Potrebbero ben figurare in una nostra Serie C. Poi ci sono le squadre regionali, quelle delle città, delle università e quelle hanno un livello più basso, perché si incentrano particolarmente sulla formazione dei giovani. Ma è difficile parlare di campionato: da quelle parti ci sono diverse manifestazioni e tornei durante i quali l’obiettivo primario non è vincere ma mettersi in mostra e rifornire la squadra nazionale. 


* Ci sono possibilità di vedere qualche giocatore nordcoreano in Europa?
Sì. Al momento ce ne sono due: Pak Kwang Ryong e Cha Jong Hyok. Entrambi giocano nella seconda divisione svizzera, la Challenge League. Il primo, attaccante di proprietà del Basilea, ha fatto un campionato straordinario guidando il Vaduz alla promozione, il secondo ha recentemente timbrato la presenza numero 100 con il Wil Fc. In particolare Pak è uno dei giocatori più interessanti, anche perché nei 3 anni passati in Svizzera è molto migliorato, ed ha appena 21 anni: ha giocato anche in Champions League con il Basilea, prima di giocare con Bellinzona (secondo in Challenge League la scorsa stagione e Vaduz). Ma in passato abbiamo avuto giocatori anche in Serbia, in Danimarca o in Russia. Certo, trattare con i coreani non è facile, ma se qualcuno fosse interessato assicuro che sono investimenti a buon mercato. 


 

* Sul mio blog si parla spesso di giovani talenti. Il calcio giovanile che importanza ha per le società locali?
Come detto, ci sono squadre che si occupano unicamente di formare giovani talenti e di fornire le nazionali giovanili. Nel 2011 i nordcoreani vinsero i Campionati Asiatici sia nell’under-16 sia nell’under-19 e fu un grande successo di tutto il sistema formativo. Oggi quei calciatori si affacciano alla nazionale maggiore che punta ad essere protagonista, fra un anno, nella Coppa d’Asia che si giocherà in Australia.
La formazione dei giovani atleti è considerata di primaria importanza in Corea, tanto che molto spesso nel sito dell’Agenzia di stampa centrale KCNA si leggono articoli che elogiano il lavoro di allenatori e tecnici sportivi di squadre giovanili. 


* Ultima domanda, di carattere generale. Come si colloca il calcio, e più generalmente lo sport, nella non apertissima società nordcoreana?
Lo sport è una parte della vita di ogni coreano. Non dimentichiamo che a Pyongyang vige un sistema socialista e l’attività sportiva è considerata di primaria importanza, sia per la salute fisica del Popolo, sia per la formazione intellettuale, sia per “glorificare” la Patria. L’atleta è quindi incaricato di una vera e propria “missione”: su di lui lo stato ha investito molto (il capitolo di spesa legato alle attività sportive è il terzo del bilancio nazionale) e la Patria vuole da lui il servizio migliore possibile.
La connessione tra sport è Juché, l’ideologia socialista su cui si regge il paese, è spiegata nel mio libro “Patria, popolo e medaglie”, dove sono riportate anche quattro traduzioni inedite in italiano di discorsi di Kim Il Sung e Kim Jong Il che spiegano qual è il ruolo dello sport nel Paese.

1 commento:

  1. Peccato che non abbia citato Ryang Yong-Gi, capitano e fenomeno del Vegalta Sendai. Per lui solo una Coppa d'Asia nel 2011 disputata con la Corea del Nord: aggiungerebbe molto alla squadra.

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