giovedì 6 dicembre 2012

Brasile. Prima il buio, poi le lacrime: il Palmeiras è retrocesso


E buio fu. Strana la vita, e strano anche il calcio. Non capita tutti i giorni di piangere per un pareggio, ma dalle parti di San Paolo – sponda Palmeiras – la serata di domenica ha segnato uno dei punti più bassi per la storia del club paulista.
 
Dopo 10 anni il Palmeiras torna in Serie B, categoria che aveva frequentato per una stagione scarsa nel 2003 e dalla quale era prontamente risalito, salvo poi collezionare un’intera fila di campionati anonimi. Non è infatti una novità vedere barcamenarsi il Verdào nei bassifondi della classifica, anche se in passato la situazione non è mai degenerata come quest’anno. La matematica è la definitiva condanna: al termine del match con il Flamengo, terminato 1-1, le lacrime di disperazione dei tifosi si mischiano a quelle di ragazzi attoniti, incapaci ancora di comprendere cosa gli è appena accaduto. L’amarezza è tanta, e la crisi in cui versa la società dopo i fasti FIAT degli anni ’90 (i più attenti ricorderanno la maglietta che come sponsor raffigurava il logo della celeberrima casa automobilistica piemontese) non sembra avere fine. Nelle stagioni passate solo colpi di coda finali e la sapiente mano di un mago della panchina come Luis Felipe Scolari avevano tirato fuori dal fango la società, che dopo aver dato il benservito a Felipào – reo di aver chiesto maggiori sicurezze tecniche – ha perso completamente credibilità verso un gruppo che, sulla carta, nessuno poteva dare per spacciato alla vigilia del Brasileirao.
 
Il destino, si sa, è beffardo; a condannare il Palmeiras è Vagner Love, centravanti ora al Flamengo ma capocannoniere di quella compagine che nel 2003 stravinse la Serie B per rilanciarsi in alto. Un Vagner Love che non esulta, ma in cuor suo sa di averla fatta grossa. E quando la Portuguesa, un paio di ore dopo, pareggia con il Gremio è il sipario a calare definitivamente: +7, a due giornate dalla fine, dal quint’ultimo posto. I giochi terminano qui.
 
Se volessimo raccontare la storia del Palmeiras dovremmo però partire dal 26 agosto del 1914, quando al termine di una tournèe brasiliana di Torino e Pro Vercelli, un gruppo di immigrati italiani stabilitosi a San Paolo per lavoro decise di mettere su una squadra di calcio chiamandola, in origine, Sociedade Esportiva Palestra Itália . Pochi anni dopo, il Verdào divenne anche polisportiva e si aprì ad altri sport quali hockey e basket, non perdendo però la sua reale dimensione di importanza, ovvero quella di eccellere nel futebol assieme alle altre tre giganti della seconda città brasiliana. Le rivalità con Corinthians, Santos e San Paolo sono storiche, così come storici sono i derby che ogni qualvolta ci si incontra vanno in scena e che, grazie ai campionati statali, non ci perderemo nemmeno nel 2013. 
Per trovare il suo momento storico di gloria bisogna andare al 1999, quando l’Alviverde vinse la sua prima, e fino ad oggi unica, Coppa Libertadores. Era la squadra guidata dall’allora tecnico in rampa di lancio Scolari, e in rosa annoverava elementi del calibro del portiere Marcos, Roque Junior, Cesar Sampaio, Oseàs, Alex, Zinho, Euller ed Evair che eliminarono, in sequenza, Vasco da Gama (allora campione in carica), Corinthians, River Plate e Deportivo Cali. In mezzo a ciò, otto titoli brasiliani (il primo nel 1960, l’ultimo nel 1994) e ben 22 titoli statali.
 
Quest’anno invece è girato tutto storto, fin dall’inizio: partiti con una rosa molto ridotta, i biancoverdi ci hanno messo praticamente due mesi a trovare la prima vittoria arrivata a metà luglio contro la Figueirense, per poi collezionarne altre otto fino ad oggi. Troppo poco, in un campionato a venti squadre in cui a pagare è stato esclusivamente Wanderlei Luxemburgo, reo di non saper tenere in mano una squadra ormai ammutinatasi contro di lui. Ed ecco che la retrocessione scatena conseguenze inaspettate, soprattutto sul mercato, dove il club del Palestra Italia (storico stadio, tra i più caratteristici del Brasile) si vedrà costretto a fare cassa svendendo i suoi gioielli. Quelli che hanno più mercato, ad oggi, sono senza dubbio il fantasista cileno Jorge Valdivia e il centravanti Hernan Barcos, mentre il difensore centrale Adalberto Roman rientrerà al River Plate per fine prestito e verrà emulato da un altro trequartista, Daniel Carvalho (ex CSKA Mosca e protagonista, qualche anno fa, di un match strepitoso contro l’Inter), che farà rientro a Belo Horizonte per raggiungere l’Atletico Mineiro. Sempre in fase di uscita, andranno valutate le situazioni contrattuali dei due difensori centrali titolari, Mauricio Ramos ed Henrique, che vantano diversi estimatori, del giovane Patrik, del funambolico Luan e dell’ala destra Maikon Leite. Le due certezze, dalle quali si ripartirà, si chiamano Obina e Marcos Assunçao: il centravanti è un tifoso del Palmeiras dalla nascita e ha già fatto sapere di voler chiudere la carriera al Palestra Italia, mentre l’ex di Roma e Betis ha 39 anni ma quest’anno ha ancora fatto vedere numeri di alta scuola, soprattutto quando si tratta di calci piazzati. Attorno si ricostruirà dal vivaio, una delle poche note liete, che ogni anno regala alla prima squadra ragazzi emergenti davvero interessanti.
 
Questa retrocessione deve servire come segnale di ripartenza, perché se è vero che i soldi sono pochi, è anche giusto ricordare come in Sudamerica non è raro vedere realtà blasonate cadere in disgrazia salvo poi risollevarsi ancora più forti. E’ successo al River Plate e all’America de Cali sono nell’ultimo anno, ed entrambe hanno reagito alla grande riconquistando la promozione (gli argentini) o attendendo solo l’ufficialità del campo, come nel caso del Diablo colombiano. Le condizioni per farlo sono concrete, magari con l’aiuto del potente tifo della Mancha Verde (macchia verde) che nemmeno in questo sciagurato campionato è venuto meno. Ma uscire da questo buio è d’obbligo, ad ogni costo. Força Verdào, riaccenditi.

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