venerdì 8 febbraio 2013

Toro.it - Borghi, il genio che piaceva a Berlusconi



Svizzera. Un giornalista si avvicina ad alcuni componenti della nazionale cilena in ritiro nelle campagne elvetiche per preparare una partita amichevole contro la selezione locale e, quasi indispettito, domanda: “Ma di notte non vi dà fastidio questo fiume che scorre proprio dietro all’albergo?”.
“Fastidio? – risponde una persona – Io vengo da barrio Moròn, dalle mie parti se riesci ad uscire di casa per andare a scuola senza che nessuno ti spari puoi essere soddisfatto della tua giornata”.


A parlare è Claudio Borghi, sorriso a trentadue denti tipo pubblicità del dentifricio e lingua tagliente, ormai ex allenatore del Cile e personaggio unico nel panorama sportivo sudamericano. Nato a Buenos Aires nel 1964, Borghi passò alla storia come colui che fece invaghire Silvio Berlusconi  a metà degli anni ’80 e che l’allora neo presidente del Milan volle portare in Italia a tutti i costi. Ma nel Milan di Arrigo Sacchi non c’era posto per l’estro e il carattere particolare del Bichi, come viene soprannominato ancora oggi, perché disciplina e puntualità non erano le doti migliori di questo ragazzo che a quell’epoca prendeva tutto come un gioco. Uno splendido gioco, che però non gli evitò la bocciatura proprio mentre il Milan stellare  degli olandesi iniziava a macinare gioco e fare incetta di trofei. Ma questa è un’altra storia.
Una storia che parte agli inizi degli anni ’80, quando inizia a giocare come centrocampista offensivo nell’Argentinos Juniors, club che lanciò anche un certo Diego Maradona. Era considerato una giovane promessa argentina e furono riposte molte speranze su di lui quando fu convocato dalla Nazionale per i mondiali di Messico '86. Tuttavia non brillò durante quel mondiale vinto dall'Argentina e non fu più convocato per la Selección. Giocò probabilmente la sua miglior partita durante la finale di Coppa Intercontinentale fra Argentinos Juniors e Juventus del 1985, non riuscendo però a portare la sua squadra al successo. Fu in quell’occasione che Berlusconi lo vide, e nel 1986 Borghi sbarcò a Milano giusto in tempo per rendersi conto che il Milan non faceva per lui. In particolare, a non far per lui, era Arrigo Sacchi: “Che senso ha correre per tanti chilometri se il campo è lungo solo cento metri?” sbottò al termine di un allenamento contro il tecnico protestando per una seduta, a suo avviso, troppo pesante.

Non c’era verso, quei due non si amavano, tanto che nel gennaio del ’88 venne spedito a Como perché la società di Milanello ebbe l’occasione di prendere come terzo straniero un certo Rijkaard e compose il trio magico di olandesi, il tutto mentre Borghi si barcamenava in una società allo sbando. “A Como mi capitarono gli allenatori peggiori di sempre – ha dichiarato in una recente intervista – perché sia Agroppi che Burgnich erano molto bravi a dire cosa non dovevamo fare e a urlare. Peccato che si dimenticavano di spiegarci cosa invece andava fatto”.
Argentino di nascita, ma cileno di adozione perché “il Cile mi ha dato tanto ed è ormai la mia casa”, Borghi vive a Santiago e insegna calcio nell’Universidad Catolica dove è praticamente un’icona. Personaggio particolare, si diceva: nella stagione 2002/03 inizia la carriera da allenatore nell’Audax Italiano, club della nostra comunità innestatasi in Cile, portandola dalla zona retrocessione a un prestigioso quarto posto. Poi mi hanno venduto i migliori, il centravanti e il trequartista, sostituendoli con due ragazzini e mi hanno detto: adesso cerchiamo di vincere lo scudetto. No grazie, e me ne sono andato. Sono in attesa: le offerte non mi mancano, ma mi diverte molto anche insegnare all'università. Sono nelle condizioni economiche di poter scegliere con calma”.
Prima di fare l'allenatore, Borghi per qualche tempo ha fatto il procuratore in coppia con il cileno Hugo Rubio, ex meteora del Bologna di Maifredi.
Non c'è un grande mercato, i migliori giocatori cileni sono già in Italia. Quello di procuratore comunque non era il mestiere per me”.
Non è mai stato tagliato per le pubbliche relazioni.Ricordo che il mio procuratore di allora, Felix Latronico, mi diceva a proposito di Sacchi: dagli ragione, cerca di essere un po' più ruffiano, impegnati qualche settimana, intanto noi abbiamo l'appoggio del presidente... Ma un rapporto così, fondato sulla falsità, dove avrebbe portato? E poi siamo sicuri che con Borghi il Milan avrebbe vinto tutto quello che ha vinto senza?”. 

Personaggio particolare, il Bichi; Michel Platini lo ribattezzò “Picasso”, Fernando Redondo stravedeva per lui tanto da ergerlo a suo modello, Hector Cuper – ex allenatore dell’Inter e suo compagno all’Huracan – racconta ancora oggi di quando in allenamento lo vedeva segnare di testa e gli chiese: “Claudio, perché in partita non vai mai a saltare di testa?”. Risposta: “Perché a calcio si gioca coi piedi”.
Strepitoso.

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