lunedì 4 marzo 2013

Argentina, non si placa la violenza: scontri alla Bombonera, un morto a La Plata



Altra notte di violenza in Argentina, ma ormai non è più una novità. La Barra de la Bomba, frangia più rappresentativa della tifoseria dell’Union di Santa Fe, ha inscenato una discreta guerriglia nel post partita della Bombonera contro la polizia e una piccola rappresentanza della 12. Le guardie hanno cercato di non far andare a contatto le due tifoserie riuscendoci ma riportando alcuni feriti. Per la Barra de la Bomba non è il primo episodio stagionale in fatto di disordini, perchè all’andata contro il Boca Juniors, contro il Racing, il Belgrano e il Newell’s i tifosi del Tatengue non si sono di certo risparmiati.


Anche a Rosario si sono vissuti minuti molto frizzanti, con la polizia che al termine di Newell’s – Belgrano ha manganellato apparentemente senza motivo alcuni tifosi ospiti e anche dei giocatori del Pirata, uno dei quali – El Gato Turus – ha riportato lesioni e una commozione cerebrale. La società di Cordoba non ci sta: “Denunceremo la polizia di Rosario – dicono in un comunicato – ogni volta che si va a giocare da loro succede sempre qualcosa. E’ un’indecenza”.

Il morto però è scappato a La Plata, dove prima di Gimnasia LP – Nueva Chicago i tifosi ospiti si sono resi protagonisti di un regolamento di conti interno in cui un ragazzo poco più che trentenne ha perso la vita. Non è la prima volta che si parla di faide interne alla tifoseria Verdinegra di barrio Mataderos, che in passato mieterono già una vittima (un giovane tifoso del Tigre) durante un’invasione di campo.

Biglietti, droga, traffico d’armi, addirittura la protezione delle macchine nei parcheggi. Sono questi i motivi per cui il calcio argentino, e più in generale quello sudamericano (non dimentichiamo il 14enne boliviano del San Josè morto per un petardo tirato dai Gavioes da Fiel, gli hinchas del Corinthians, in trasferta per seguire il Timao in Libertadores) non garantisce una sicurezza a chi frequenta lo stadio. Soprattutto le curve sono un focolaio terribile per la violenza, come dimostra la faida all’interno della tifoseria del Boca Juniors dove da anni Rafael Di Zeo e Mauro Martin battagliano per il comando di una “miniera d’oro” come loro stessi la definiscono. Sposato con una poliziotta influente, Rafael Di Zeo ha sempre fatto il bello ed il cattivo tempo durante la sua militanza nella 12 fina a quando Mauro Martin, che si dice in giro sia tifoso del Velez e che aveva interessi nella Pandilla anni fa, non ha raggruppato un gruppetto di gente per tentare l’assalto alla curva più ambìta d’Argentina.

E se in alcune realtà come All Boys (memorabile la coreografia de La Peste Blanca per il Clasico de barrio con l’Argentinos), Quilmes (incidenti sistematici quando arriva il Velez) o la già citata Uniòn non si fatica a tenere il controllo unico della curva, altre società per tenersi buoni i tifosi gli affidano perfino le chiavi dello stadio e del museo ufficiale della società, come succede proprio al Velez dove in settimana – anche da turista – si può entrare normalmente a visitare il Josè Amalfitani perchè c’è sempre qualcuno che ci bivacca, beve birra e magari organizza una bella mangiata di asado. Ah, ovviamente si paga il biglietto e a gestire il tutto non è il Velez, bensì la Pandilla.

Infine come non ricordare la faida eterna tra Javier Cantero, dirigente numero uno dell’Independiente, e la barra dei Diablos Rojos. Il suo predecessore Comparada aveva addirittura un orario dove solo i tifosi potevano andare nel suo ufficio a chiedere soldi, biglietti o quant’altro; Cantero ha provato a tagliare questi legami, ma per abbattere certi ponti non basta il martello pneumatico, ci vuole un esplosivo. Dopo aver ricevuto solidarietà da parecchi colleghi, Cantero è rimasto solo e più di una volta la barra del Diablo ha fatto irruzione nella sede del club devastando tutto.

L’Argentina è così, radicalmente avvinghiata ad un modo di essere e di vivere la società che in Italia si potrebbe paragonare a “quei fantastici anni ’70″. E forse, se così non fosse, perderebbe anche il valore che oggi porta migliaia di turisti a Buenos Aires per assistere dal vivo ad una partita. Per dire, una volta nella vita: “Ho visto una partita dal vivo in Argentina”.

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