“Vengo a ganarle a River y a sér campéon“. Detto, fatto. Carlos Tevez è stato profetico, il Boca Juniors è campione di Argentina in questo lunghissimo ed interminabile 2015. La maxi Primera Division ideata da quel genio del male di Grondona poteva solo essere vinta dalla squadra più forte e continua. E così è stato.
Al netto di qualche passo falso, inevitabile per chi – oltre al campionato – ha dovuto affrontare anche impegni in campo internazionale, gli Xeneizes entrano nella storia e (almeno per un po’) spostano il mirino dell’attenzione dal River Plate, vero protagonista dell’ultimo anno e mezzo. I ragazzi di Arruabarrena festeggiano davanti al loro popolo, in una “Bombonera” quasi tutta esaurita che in tribuna ospitava anche personaggi del calibro di Borghi, Riquelme e Carlos Bianchi. Pezzi, questi ultimi, di storia boquense. A risolvere la partita con il Tigre ci ha pensato un gregario, Fabian Monzon, che alla prima occasione buona ha chiuso la contesa con un colpo di testa sugli sviluppi di calcio d’angolo.
“E’ la vittoria del gruppo. Possiedo una rosa di ragazzi forti ma anche intelligenti – ha detto Arruabarrena a fine gara – chi gioca sa cosa deve fare, chi sta fuori tiene massima la concentrazione e dà il suo apporto“. Il tecnico usa quintali di modestia, ma il merito del successo del Boca è soprattutto suo; arrivato nel 2014 a La Ribéra, il Vasco ha ricostruito squadra ed ambiente distrutti dagli ultimi colpi della gestione Carlos Bianchi. Con il Virréy al comando, gli Xeneizes erano diventati una sorta di cimitero degli elefanti incapaci di proporre calcio per tratti prolungati. Troppo conservative, per il contesto attuale, le idee di Bianchi, che ha dovuto giocoforza lasciare spazio ad uno dei suoi discepoli. Infatti Arruabarrena conosce bene l’ambiente proprio per averci giocato negli anni caldissimi della sua carriera, a cavallo tra il cambio di secolo, alzando anche la Libertadores nel 2000. E’ bastato parlare chiaramente ai tifosi (“Io non posso giurare che vinceremo subito e che lo faremo bene” – disse il giorno della presentazione – “ma lavoreremo per arrivarci“) e costruire una squadra vincente nella testa; per questo sotto la sua gestione la società è tornata ad ingaggiare giocatori di spessore, completando una rosa che in passato era sì forte, ma mostrava lacune diverse in ogni ruolo anno per anno.
La ciliegina sulla torta è stata poi posata all’arrivo di Carlos Tevez; l’ex juventino ha spostato definitivamente gli equilibri, contribuito in maniera fondamentale a sbancare il Monumentál e soprattutto ricucito l’ambiente esterno dagli ultimi strappi. L'”hombre del pueblo” Carlitos ha trascinato la squadra a suon di gol, aiutando l’esplosione definitiva di Jonathan Calleri, prossimo pezzo pregiato di mercato. Ma tanti sono i ragazzi del Vasco che meriterebbero menzione, perché “è la squadra a vincere, non il singolo“. Questo mantra fa parte del portfolio bielsista di Arruabarrena, che lo ha infuso a tutti, perfino ai senatori come il Cata Diaz ed Orion, apparsi in declino negli ultimi mesi con Bianchi. Un capitolo a parte lo meritano i giovani e la loro gestione. Carrizo, Palacios e Cubas sono tutti ragazzi valorizzati dall’attuale dt, che ha dato prova di essere un grande psicologo con il giovane Betancour. Il classe ’97 viene lanciato nella mischia nel big-match contro il San Lorenzo, gioca una grande partita ma all’ultimo minuto combina un pasticcio clamoroso che spalanca la porta a Mauro Matos. Pochi giorni dopo è di nuovo lì, in campo, titolare: “Gli errori si commettono, specie ad una certa età. Sapeste quanti ne ho fatti io – disse Arruabarrena – E poi se dovessi punire tutti al primo errore, mi toccherebbe scendere in campo assieme al mio staff“.
Nel 2016 il mirino sarà giocoforza puntato sulla Coppa Libertadores, dove il Boca Juniors quest’anno ha patito la più cocente delusione sportiva; eliminati dal River Plate al termine di un ottavo di finale molto discusso (e mai portato in fondo), gli Xeneizes hanno poi dovuto guardare i Millonarios alzare il trofeo nel cielo del Monumentál. Una brutta botta da assorbire, che va cancellata subito. Per questo la società, nella persona del presidente Angelici, sta lavorando per rinforzare la rosa entro gennaio. I primi nomi che si fanno sono quelli di Paolo Goltz per la difesa (l’ex Lanus, oggi in Messico, rappresenterebbe un vero upgrade nel reparto) e Ramon “Wanchope” Abila, bomber classe ’89 dell’Huracan. Il sogno riguarda però l’eventuale ritorno di un figlio de La Boca: Rodrigo Palacio. Difficile che l’Inter lo liberi a gennaio, ma per giugno la trattativa è tutt’altro che utopica.
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