sabato 10 marzo 2018

Come si gioca il 4-1-4-1


Quando si parla di evoluzione, nel calcio, non si può non considerarne la parte tattica. Anzi, è forse proprio quest'ultima a influenzare in maniera decisiva il passaggio da un'era calcistica a quella successiva. L'avvento di allenatori interessati a proporre un gioco esteticamente bello da vedere ha aiutato molto in questo senso. 

Negli ultimi anni infatti l'Europa si è rivelata un vero e proprio laboratorio di idee e intuizioni, studiate, coltivate e realizzate da personaggi che con il calcio hanno sviluppato un rapporto quasi morboso, all'inseguimento della perfezione. In Italia abbiamo l'esempio di Maurizio Sarri e il suo Napoli, una squadra alla continua ricerca della vittoria tramite un gioco spasmodicamente propositivo, che permette di riequilibrare le mancanze tecniche e strutturali verso un'avversaria più completa e profonda a livello di scelte. Guardandoci intorno però non mancano altri esempi di calcio virtuoso: dal Monaco di Leonardo Jardim al Tottenham di Mauricio Pochettino, passando per la Bundesliga dove Hoffenheim e Lipsia rappresentano il nuovo che avanza grazie a due giovani allenatori in rampa di lancio come Julian Nagelsmann e Ralph Hasenhüttl. 

Il 4-1-4-1 è la semplice trasposizione sul campo di ciò che il calcio sta esprimendo ultimamente. Un modulo moderno, che esalta al massimo le caratteristiche di calciatori sempre più bravi a interpretare entrambe le fasi di gioco. Un modulo che potrebbe rappresentare il futuro premiando però l'atteggiamento offensivo e il possesso palla. Un qualcosa di rivoluzionario, con un'origine e un padre ben definiti. 

Il Bayern di Guardiola 

Come quasi sempre accade, il precursore di un particolare movimento o – in questo caso – stile di gioco, è un personaggio con idee visionarie. Non è un caso infatti che sia proprio Pep Guardiola, nel 2013, a portare il 4-1-4-1 in un contesto particolare come il Bayern Monaco. Arrivato in pompa magna, e presentato come l'uomo giusto per riportare il club bavarese sul tetto d'Europa, Pep in poche settimane di ritiro estivo capì subito che traslare l'identità del suo Barcellona in terra tedesca sarebbe stata una scommessa persa in partenza. 

Il 4-1-4-1 difensivo del Bayern di Guardiola (credito: OOTB)
La rivoluzione del tiki-taka andava accantonata in favore di un sistema diverso, che avesse sì il possesso palla come dogma principale, ma nello stesso tempo potesse esaltare le caratteristiche dei tanti campioni già presenti in rosa. Monaco di Baviera rappresentava un ambiente completamente nuovo rispetto a Barcellona: se in Catalogna Pep godeva infatti di un certo credito (figlio dei suoi trascorsi da giocatore), in Germania i rapporti con lo spogliatoio e l'ambiente erano da costruire partendo dalle fondamenta. Occorrevano credibilità e proposte. 

Le prime uscite stagionali furono subito affrontate con il 4-1-4-1 (la prima, un 3-1 al Borussia-MG, viene ricordata ancora oggi come una delle partite manifesto di quel Bayern), nel quale Bastian Schweinsteiger aveva un ruolo fondamentale, ovvero quello di frangiflutti davanti alla difesa con compiti di rottura, costruzione e recupero palla. Nell'idea di Pep, Schweini era l'uomo giusto per guidare da dietro i quattro centrocampisti più avanzati, tutti di vocazione offensiva. La figura del mediano posizionato davanti alla difesa è determinante per la buona riuscita di un modulo nato concettualmente a metà degli anni 2000, ma mai applicato concretamente fino all'avvento di Guardiola sulla panchina del Bayern. 

Nel primo biennio passato in Germania Guardiola ha spesso alternato il 4-1-4-1 al 4-2-3-1 per sfruttare al meglio le caratteristiche di Toni Kroos, che nel Bayern agiva preferibilmente in appoggio al centravanti. L'addio di Kroos ha poi permesso a Pep, nel 2016, di tornare al suo 4-1-4-1 originale, nel quale un grandissimo Xabi Alonso – giocando da mediano – disputò forse la sua miglior stagione in carriera. Alla fine dei tre anni passati in Germania Guardiola non riuscirà a riportare il Bayern a vincere la Champions League, ma l'eredità lasciata ai suoi successori, paradossalmente, varrà ben più dell'ennesimo trofeo in bacheca. 

Caratteristiche e concetti base del 4-1-4-1 

Il 4-1-4-1 è l'evoluzione diretta del 4-3-3 fusa con alcuni concetti del 4-1-3-2. L'idea di base è quella di proporre un calcio offensivo premiando la qualità degli interpreti, la maggior parte dei quali tecnicamente molto dotati, e soprattutto portare pressing alto e asfissiante grazie alla presenza di quattro centrocampisti offensivi. Inoltre, altro particolare da non sottovalutare, il 4-1-4-1 permette di occupare al meglio tutte le zone del campo, partendo dagli esterni e arrivando fino alla parte centrale, dove è fondamentale il lavoro in copertura dei due interni e, ovviamente, dell'interdittore schierato a schermo davanti alla difesa. 

Dietro troviamo generalmente due centrali difensivi qualitativamente sopra alla media (basti pensare proprio al Bayern di Guardiola che adattava Javi Martínez per avere più soluzioni nell'iniziare l'azione) e due terzini fluidificanti, bravi anche ad attaccare e sostenere l'azione offensiva quando quest'ultima si sviluppa sulla fascia opposta. I centrocampisti centrali hanno compiti principalmente offensivi, ma non agiscono da veri e propri trequartisti: uno dei due di solito è il regista della squadra, o comunque una mezzapunta che gioca qualche metro più indietro per ricevere palla e, in fase di non possesso, scalare a sostegno del mediano, mentre il secondo interno è il classico incursore bravo a inserirsi senza palla in aiuto alla punta centrale o, in alternativa, con un buon tiro da fuori area. 

Il primo Manchester City di Guardiola (credito: AssoAnalisti)
L'attaccante deve segnare ma anche saper giocare in appoggio ai compagni, con le spalle alla porta: uno dei migliori interpreti del ruolo attualmente in circolazione è Gabriel Jesus, che svaria bene su tutto il fronte offensivo del Manchester City, tanto da essere considerato da Guardiola come insostituibile. Infine gli esterni, solitamente molto offensivi e talvolta vere punte aggiunte. 

Nel Bayern Arjen Robben e Frank Ribery svolgono questo ruolo in maniera eccellente anche oggi che i bavaresi sono guidati da Jupp Heynkess. Dopo la fallimentare gestione Ancelotti, Heynkess ha deciso di riprendere in mano il discorso tattico imbastito da Guardiola. Il decano della panchina bavarese ha a disposizione la rosa più ricca e completa d'Europa per interpretare al meglio questo modulo, con addirittura tre giocatori in grado di agire davanti alla difesa: Javi Martínez, Sebastian Rudy e Thiago Alcántara. 

L'importanza del metodista 

Come si accennava in precedenza, l'importanza del mediano è fondamentale per gli equilibri di un modulo che ha ancora ampi margini di perfezionamento. Negli ultimi anni però sempre più club hanno provato a proporlo, a interpretarlo con alterne fortune, ricercando la figura del metodista tramite parametri molto precisi. In un 4-1-4-1 il mediano è il classico centrocampista che abbina quantità e qualità, bravo soprattutto in fase di non possesso e con una capacità nei contrasti, nelle marcature e nella lettura rapida di tutte le soluzioni di gioco. A livello tecnico non occorre essere dei fenomeni, ma avere un piede discreto e una minima visione di gioco. Per esempio, difficilmente un giocatore à-la-Pirlo potrebbe disimpegnarsi bene in questo particolare ruolo. 

Il prototipo ideale è Fernandinho, uno dei centrocampisti più forti e sottovalutati d'Europa; il brasiliano è stato sgrezzato da Mircea Lucescu allo Shakhtar, club nel quale ha militato per otto anni, dove giocava come mediano in un 4-2-3-1 accanto a un giocatore di rottura come Stepanenko. Guardiola lo ha trasformato in un ottimo frangiflutti davanti alla difesa sfruttandone doti fisiche, atletiche e tecniche, restituendo al calcio un giocatore rinnovato, più maturo e consapevole, capace di ritagliarsi un ruolo da protagonista nel Manchester City e nel Brasile. 

Fernandinho, il metodista (credito: AssoAnalisti)

Se Guardiola ha ormai adottato il 4-1-4-1 come suo identikit tattico principale, in Inghilterra ci sono stati altri approcci. Il primo caso è quello del Liverpool, che lo ha abbozzato quattro volte dopo la partenza di Coutinho; il brasiliano era l'ideale per giocare il 4-3-3 “moderno”, in cui la mezzapunta parte in posizione di mezzala in modo da avere campo per le proprie giocate e sfruttare al meglio gli inserimenti (anche Guardiola utilizza questa variante, con Kevin De Bruyne schierato sul centro-sinistra). Dopo la partenza di Coutinho per Barcellona Jürgen Klopp ha cercato qualche soluzione alternativa, provando nell'insolito ruolo di metodista prima Emre Can e poi Jordan Henderson, schierati alle spalle di due centrocampisti più avanzati in rotazione tra James Milner, Alex Oxlade-Chamberlain (il più positivo) e Georgino Wijnaldum. 

Anche Arsenal e Manchester United hanno proposto il 4-1-4-1 in una manciata di occasioni: Wenger ha puntato su Granit Xhaka come regista arretrato, ma i bug mentali dello svizzero hanno portato il manager dei Gunners a ritornare sui propri passi, mentre Mourinho – pur avendo a disposizione un top del ruolo come Nemanja Matić – ha preferito insistere sulla mediana a due. Barlumi di 4-1-4-1 si sono visti anche in Germania, al Borussia Dortmund, dove questo modulo in origine doveva essere l'ancora di salvataggio di Peter Bösz per poi diventare la proposta del primo Peter Stöger, con Julian Weigl bloccato davanti alla difesa e la coppia formata da Mario Götze e Shinji Kagawa a macinare gioco. Nella partita vinta contro l'Amburgo il tecnico austriaco, grazie anche all'arrivo di Michy Batshuayi e al recupero di Marco Reus, ha addirittura giocato con cinque attaccanti di ruolo. 

I casi Huddersfield e Cagliari 

Il 4-1-4-1 è un sistema usato generalmente da compagini con una ricca qualità di talento in rosa. È infatti molto raro vedere una proposta tattica di questo tipo da squadre che hanno come obiettivo la salvezza. Raro, ma non impossibile. 

Ad esempio in Inghilterra l'Huddersfield, con questo modulo, ci ha conquistato il ritorno in Premier League a 45 anni dalla sua ultima apparizione. Il manager del club è David Wagner, che quest'anno ha deciso di alternare due moduli a seconda delle avversarie da affrontare: il 4-2-3-1 contro le dirette concorrenti per la salvezza, il 4-1-4-1 contro le big del campionato. L'obiettivo, in quest'ultimo caso, è quello di lasciare meno spazi e meno possibilità di giocata all'avversario tecnicamente più forte. Le due partite stagionali giocate contro il Manchester United sono l'esempio concreto delle idee di Wagner, che all'andata ha vinto 2-1 contro i Red Devils non concedendo praticamente nulla agli uomini di José Mourinho, mentre nella gara di ritorno, persa 2-0, il fortino alzato a Old Trafford è durato circa un'ora. La particolarità, rispetto agli esempi riportati in precedenza, è che nell'Huddersfield la qualità nel reparto centrale scarseggia, tanto che l'unico centrocampista con i piedi educati è l'australiano Aaron Mooy, un trequartista riadattato a interno destro che però fatica terribilmente nel gioco senza palla. 

Un anno fa però il 4-1-4-1 è sbarcato anche in Italia, e più precisamente a Roma, dove il Cagliari di Massimo Rastelli perse 1-0 una partita nella quale faticò a creare qualcosa di incisivo. Il motivo è presto spiegato. In quell'occasione fu Panagiotis Tachtsidis ad agire da mediano basso, e il risultato non premiò i sardi, penalizzati dal mancato filtro difensivo, dalle poche sovrapposizioni degli esterni in fase di manovra e dallo smistamento della palla lento e prevedibile visto il passo cadenzato del greco. Un esperimento fallito e mai più riproposto. 

Consigli per gli acquisti 

Il campionato portoghese è contesto ricco di spunti per chi volesse approfondire il discorso tattico legato al 4-1-4-1. Infatti tutte e tre le big del paese lo giocano spesso, mascherandolo talvolta da 4-1-3-2 dove però la seconda punta è di fatto un centrocampista aggiunto pronto a scalare in fase di non possesso. Proponendo questa soluzione da un paio di stagioni il Porto ha messo in vetrina uno dei mediani più interessanti del panorama mondiale. Si tratta di Danilo Pereira, mastodontico centrocampista di 26 anni che vedremo impegnato con la nazionale lusitana a Russia 2018. Danilo è uno dei migliori colpitori di testa della lega e, grazie al suo metro e novanta di altezza, è il classico prototipo di calciatore che potrebbe fare comodo a molti top club europei. Danilo è passato anche in Italia, dal Parma, all'epoca in cui in Emilia giravano centinaia di cartellini, poco prima del fallimento. L'esperienza italiana lo ha formato dal punto di vista umano e gli ha permesso di esplodere definitivamente una volta tornato in patria. Oggi Danilo è cercato da alcuni club inglesi e spagnoli, ma anche la Juventus in passato ci ha fatto un pensierino. 

Danilo Pereira, mediano del Porto (credito: AssoAnalisti)

Un affare low cost potrebbe essere rappresentato da Ljubomir Fejsa, centrocampista serbo classe 1988 che al Benfica è diventato perno insostituibile nello scacchiere tattico disegnato da Rui Vitória. Fejsa è il classico esempio di giocatore cresciuto in ritardo. Le ultime due sono state le sue stagioni migliori a livello di rendimento: l'anno scorso è stato inserito nel best 11 in Superliga, mentre quest'anno è al momento il miglior passatore del campionato, con il 90% di passaggi completati. 

William Carvalho il Portogallo avrebbe dovuto lasciarlo già tempo fa, ma la bottega dello Sporting è molto cara e soprattutto poco incline a trattare. Di questa squadra ricchissima di talento il venticinquenne originario dell'Angola è uno dei leader, il catalizzatore di gioco e palloni del quale Jorge Jesus non può fare a meno. Carvalho, oltre a essere un eccellente passatore, ha una delle percentuali più alte del campionato nel recupero di palloni. Una completezza rara, spendibile in contesti ben più importanti del pur rispettabile campionato portoghese. Diverso è il discorso che riguarda Steven N'zonzi, mediano francese del Siviglia: lui in un 4-1-4-1 non ha mai giocato ma per caratteristiche fisiche, tecniche e atletiche avrebbe tutto il necessario per adattarsi all'eventuale nuovo ruolo. A quasi 30 anni potrebbe rivelarsi una presa intelligente, soprattutto a cifre ragionevoli.

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