Alzare una coppa dopo quarantacinque minuti? E’ solo
l’epilogo della notte più pazza e violenta che il Sudamerica ricordi da
qualche anno a questa parte. San Paolo e Tigre, nel ritorno della finale
di Coppa Sudamericana (equivalente della nostra Europa League), nella
notte italiana tra mercoledì e giovedì mandano in onda uno spot
pubblicitario da brividi.
Perché definirlo spot? Beh, innanzitutto perché da qui ad un anno e
mezzo il Brasile avrà gli occhi di tutto il mondo puntati addosso per i
campionati del mondo di calcio, e poco dopo proseguirà la sua marcia di
protagonista organizzando le Olimpiadi a Rio de Janeiro. Un paese in
ascesa come il Brasile, che sta entrando di prepotenza nella cerchia
delle cosiddette “potenze economiche” e che svetta in mezzo alle
confinanti nazioni per ricchezza e sviluppo, non è stato in grado di
garantire il regolare sviluppo di una semplice partita di pallone.
L’antefatto: la settimana scorsa, a Buenos Aires, i giocatori del Tigre
escono dal campo battibeccando con i paulisti, rei di aver picchiato
per tutta la partita accontentandosi dello 0-0 e buttando la gara
esclusivamente sulla rissa. La polizia locale interviene per dividere le
due parti, ma i difensori argentini Paparatto ed Echeverria si
scagliano contro le forze dell’ordine che per tutta risposta
manganellano tutto ciò che trovano spingendo i giocatori fino nel tunnel
che conduce negli spogliatoi. Con questo spirito, unito alla
consapevolezza che anche tecnicamente tra le due squadre c’è un abisso,
il Tigre lunedì si imbarca per San Paolo senza immaginare nemmeno
lontanamente cosa ci sarebbe stato lì ad aspettarli.
All’arrivo nella seconda città brasiliana per importanza, Nestor
Gorosito e i suoi ragazzi vengono “accolti” da una rappresentanza di
tifosi del Tricolor che urlano, spintonano ed insultano la delegazione
albiceleste mostrando – si leggerà qualche ora dopo su un famoso
quotidiano online argentino – le pistole, che nelle Torçidas brasiliane
sono purtroppo molto presenti. Appena fuori dall’aeroporto c’è un bus ad
aspettare il Tigre: un mezzo sgangherato, con finestrini rotti, che
anziché tirare dritto per l’albergo decide di prenderla larga,
percorrendo molta più strada di quanta ce ne sia bisogno. Disseminati
lungo il percorso i tifosi del San Paolo lanciano sassi, bottiglie e
lattine spaccando i (pochi) vetri rimasti del bus, ferendo anche uno dei
collaboratori di Gorosito. Ma questo è solo l’inizio. Mercoledì, giorno
della finale, il Tigre si presenta come d’accordo al Morumbì per
l’allenamento di rifinitura, e ad attenderlo c’è un’altra sorpresa. Un
addetto ai lavori si affaccia dai cancelli: “Mi spiace, abbiamo l’ordine
di non far entrare nessuno – spiega il signore – stiamo risistemando il
campo per stasera”. Lasciati soli, senza un’alternativa, i dirigenti
del Tigre sospendono definitivamente la rifinitura. Un paio d’ora prima
della partita arriva una chiamata a Borelli, secondo di Gorosito.
Dall’altro capo sua moglie, che gli dice di essere stata bloccata
all’ingresso assieme a tutti i famigliari dei giocatori mentre la
squadra è già dentro pronta a scendere in campo per il riscaldamento
pre-partita. Che non avverrà: un dirigente del San Paolo chiede
all’arbitro di anticipare l’inizio per motivi di ordine pubblico, e il
Tigre rimane fregato. La partita inizia male, con il gioiellino Lucas
che sblocca la contesa grazie ad un assolo personale e poco dopo viene
emulato da Osvaldo. E’ il 2-0 che scrive i titoli di coda ad una partita
mai veramente iniziata. Il Tigre non ci sta, e dopo aver preso il
secondo gol inizia a provocare i brasiliani con entrate al limite della
decenza: Paparatto, sempre lui, stende Casemiro con un’entrata da killer
dritta sulla tibia e Ossès tira fuori solo un giallo. Al duplice
fischio finale si scatena la rissa vera e propria, davanti all’imbocco
del tunnel, e la polizia già presente davanti alle tribune cerca di
ricacciare tutti dentro. Questo è quello che è successo. Sul resto ci
sono solo supposizioni.
Le facce tumefatte, le lacrime, il taglio sul braccio del capitano
Galmarini e il sangue sulle pareti degli spogliatoi ospiti ci dicono che
è avvenuto qualcosa di grave. “Ci hanno picchiato quelli della
sicurezza – dice Gorosito – ma non solo: ci hanno anche minacciato
puntandoci le pistole addosso”. Gli fa eco il suo vice Borelli: “Io ho
giocato più di vent’anni a calcio, e nemmeno sui campetti di periferia
si è mai vista una cosa simile. Questa sera hanno perso loro”. In
lacrime Galmarini: “Guardate – dice indicando le macchie di sangue che
colorano i muri – guardate. Ero venuto per giocarmi una coppa, non per
vedermi puntare addosso una pistola. A lui (e indica il portiere di
riserva Albìl,ndr) gliel’hanno puntata in testa”.
Ovviamente i brasiliani non ci stanno. Secondo la sicurezza del
Morumbì, una volta rientrati negli spogliatoi i giocatori del Tigre
avrebbero provato a fare irruzione nello spogliatoio degli avversari
venendo respinti con forza dagli agenti. “Purtroppo queste sono tutte
invenzioni di chi in campo stava perdendo”, dice l’allenatore Ney Franco
al quale si accoda il veterano Rogerio Ceni secondo il quale “il Tigre è
venuto qui solo per picchiare”. Ma la frase “migliore” ce la regala il
Presidente del San Paolo: “Questa sera festeggeremo due volte: una per
la coppa, l’altra per aver fatto scappare gli argentini. Succede quando
si incontrano le piccole. Se ci fossero state Boca e River avremmo
terminato il match”.
Già, perché dopo il quarto d’ora di follia il Tigre non rientra più in
campo e Ossès, lavandosene le mani, fischia la fine. Il San Paolo
festeggia, alza il trofeo come se niente fosse successo e pensa alla
finale di Recopa che giocherà in estate contro il Corinthians. Derby di
San Paolo, ci sarà da ridere.
Ciò che è successo pare non interessare a nessuno, tantomeno alle due
Federazioni che si scambiano insulti sui giornali minacciandosi a
vicenda su ricorsi e controricorsi; si arriva addirittura ad avvertire i
rivali di ottenere la chiusura dei confini e dei rapporti tra i due
Stati.
In tutto questo trambusto, una persona che poteva chiarire tutto c’era.
Un giovane cameraman ha registrato ciò che è successo alla fin del
primo tempo, ma quando è stato rintracciato ha detto che non aveva nulla
per aiutare chi di dovere.
Calci, pugni, sputi e due pistole. Questa volta il calcio non conta. Questa volta, Brasile e Argentina, avete perso.
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