giovedì 27 giugno 2013

Argentina, un semestre “a tutta Lepra”. Il ripasso del Torneo Finál 2013

Una stagione praticamente impeccabile, che tra un mese potrebbe diventare più che perfetta. Il Newell’s Old Boys è campione d’Argentina, o meglio – con la nuova formula di quest’anno – ci piace definirlo come un “semicampione” che ha scritto una pagina di calcio davvero importante. Le condizioni per fare bene c’erano tutte, in un ambiente rigenerato dall’arrivo del Vate Gerardo Martino, arrivato a Rosario per rimettere insieme i pezzi di una Lepra ormai in crisi d’identità e in pericolante posizione nella Tabla del Descenso. Già nel Torneo Iniciál comunque il Newell’s aveva dato prova della propria caratura, arrendendosi solo ad un Velez che senza Libertadores (essendo il semestre dedicato alla Sudamericana) ha giocato un semestre di grandissimo livello. E comunque la squadra del Tata stava facendo le prove; come quando devi mettere in scena il concerto dell’anno e devi prima essere sicuro che tutto vada perfettamente, la Lepra ha raccolto le energie e si è spremuta tutta in questi primi sei mesi del 2013, dove tutto è ancora aperto dato che c’è una finalissima da giocare (proprio contro il Fortín) e le semifinali di Libertadores a luglio. 


Nonostante i diversi impegni, che sono costati al “Niuls” l’eliminazione dalla Copa Argentina per mano del Talleres, la Lepra ha dominato quest’ultimo semestre. E a testimoniarlo sono i numeri: squadra con più vittorie (12) e meno pareggi (2), che hanno permesso di assorbire al meglio le 5 sconfitta che su diciannove uscite potrebbero sembrare molte. Miglior attacco, con più di quaranta reti messe a segno, e una delle migliori difese. Che volere di più? Decisiva per il titolo è stata la sequenza di 8 vittorie, a fronte di un paio di ko e un pari (a Quilmes, Caneo nel finale) nelle ultime 11 partite. Un ruolino da campione. Supportato da un gioco che in Argentina non si vedeva forse da qualche tempo, ed è lì che si vede la mano dell’altro protagonista del romanzo: quel Tata Martino tornato da allenatore per ripetere quel che aveva fatto da giocatore. Mezz’ala dalla tecnica sublime quando indossava gli scarpini, ha impresso alla squadra il dogma di un gioco bello, spesso divertente, quadrato, veloce.In più, cosa non da poco, Martino sembra aver scacciato – sebbene solo momentaneamente – il fantasma dell’altro idolo locale, quel Marcelo Bielsa al quale è perfino intitolato lo stadio. Quel Colóso del Parque che quest’anno ha avuto la fortuna di applaudire i suoi beniamini per la maggior parte dei match. Il segreto della vittoria è stato l’aver puntato su una spina dorsale di esperienza ed indubbio valore: Guzman, Heinze, Bernardi, Maxi Rodriguez e Scocco hanno rappresentato al meglio lo stile di gioco del Tata, che attorno a loro ha valorizzato gente del calibro di Tonso, Orzàn, Perez, Figueroa e rilanciato coloro che sembravano persi. Due su tutti: Santiago Vergini, che in Italia faticava ad imporsi in Lega Pro con il Verona, e l’eclettico terzino sinistro Milton Casco. Un discorso a parte lo merita Ignacio Scocco: tornato a Rosario dopo le alterne fortune avute all’estero, Nacho si è rimesso a disposizione della sua vecchia società riprendendo a segnare a raffica, vincendo – anche se in coabitazione – la classifica dei cannonieri. Ma la Primera non è stata solo Newell’s. 

Applausi a scena aperta per il River Plate di Ramon Diaz, arrivato dopo il mezzo fallimento di Almeyda del primo semestre e rimescolando le carte cambiando modulo ed interpreti. Innanzitutto fuori chi non corre, come Trezeguet, e dentro gli imprendibili Lanzini ed Iturbe, artefici delle soddisfazioni offensive Millonarie. Anche Don Ramon ha avuto il merito di aver puntato su una spina dorsale di sicura garanzia. Barovero, Mercado, Ponzio, Ledesma, Lanzini e Iturbe hanno giocato un campionato pazzesco, anche se una menzione particolare la merita Leo Vangioni, esterno mancino tutta fascia con il vizio del gol. El Piri ora piace a molti, ma Diaz ha fatto sapere che è una delle sue priorità per la prossima stagione. Staremo a vedere. Chi rimarrà a giocare, almeno per un’altra stagione, a Nuñez è il miglior giovane del campionato: Eder Alvarez Balanta, classe 1993 e colombiano di nascita, selezionato durante un provino del River Plate in Colombia. Mancino, si è disimpegnato sia da centrale di sinistra che da terzino, evidenziando una facilità disarmante nell’uscire palla al piede. Fisico possente, è un concentrato di agonismo e esplosività. 

Non solo River Plate, tra le note positive. Il titolo di “Ciò che poteva essere…” lo vince a mani basse il Lanus dei Mellizos. Arrivati ad inizio stagione per avvicendare Schurrer, i gemelli Barros Schelotto hanno costruito una buona squadra ben messa in campo, ma nel momento decisivo hanno inanellato una serie di risultati negativi che gli hanno di fatto tarpato le ali. Bene anche San Lorenzo e Racing: il Ciclón di Juan Antonio Pizzi era chiamato dall’ennesimo “anno zero” e ha risposto presente, spesso arrancando, ma mettendo sul campo una ritrovata garra. Il resto lo hanno fatto la grande stagione degli uomini chiave come Buffarini, Mercier, Kalinski e l’esplosione dei due attaccanti Gonzalo Veron e Angel Correa. Più esperto il primo, classe 1989, un fulmine a ciel sereno il secondo, classe 1995 che Pizzi ha inserito a sorpresa nel gruppo dei grandi. L’Academia invece è la solita squadra che non decide mai se vuole diventare grande oppure no; Zubeldia ha lavorato bene, ha lanciato tutto il ben di Dio della cantéra (da Fariña a Centurion, passando per Zuculini, De Paul e Vietto) ma sembra sempre che a questo Racing manchi qualcosa per esplodere definitivamente. Intanto Zubeldia, a discapito delle voci che si sono rincorse durante il semestre, pare essere confermato. Entrambe le squadra parteciperanno inoltre alla prossima edizione di Copa Sudamericana, così come il Belgrano. 

Stagione strana, quella dei Pirati, che mettono sul terreno di gioco probabilmente il calcio meno argentino di tutti e i numeri lo confermano: secondo peggior attacco ma miglior difesa. Un paradosso, questo non calcio, perchè il Blgrano del ruso Zielinski paga assenze importanti (una su tutte, quella del Picante Pereyra) ma lancia ragazzini davvero interessanti; l’esterno Sanavria e i guizzanti Zelarrayan s Melano (classe 1993, ha rinnovato fino al 2016) fanno dormire sonni tranquilli ai tifosi albicelestes. 

Un capitolo a parte lo merita poi il Quilmes. Partito praticamente spacciato, ha trovato in panchina un Omar De Felippe che si è rivelato il vero valore aggiunto. Vi anticipiamo già che il tecnico proprio ieri ha salutato il Cervezero, ma quello che ha fatto resterà negli almanacchi. Al di là dei punti conquistati – 31, stanziandosi al quinto posto – il Quilmes ha espresso un calcio avvolgente e a tratti straripante nonostante la lista lunga chilometri di infortunati tra i titolari. Martin Cauteruccio è stato il simbolo di questa squadra: rimasto (pare) controvoglia dopo essere stato privato del trasferimento all’Independiente, El Caute si è rimesso in discussione andando in gol 7 volte e giocando per la squadra. Una compagine che ha visto la conferma dei gregari come il portiere Tripodi, di Pablo Garnier e del fantasista Caneo, ma che ha potuto contare sulle geometrie del trequartista Fernando Elizari, elemento già finito sul taccuino del Catania. Dalla prossima stagione sulla panchina siederà Nelson Vivas, passato in Italia da giocatore. 

Per alcuni che hanno fatto bene, altre proprio non ne hanno azzeccata mezza. Avete detto Boca Juniors? Penultimo senza la minima voglia di lottare, il Boca del Virréy chiude al penultimo posto lasciandosi dietro solo l’Union, mestamente retrocessa. Interrogarsi sulle cause è il minimo che Angelici ed il suo staff possano fare, e nascondersi dietro al doppio impegno (campionato più coppa) non fa che imbestialire i tifosi, i veri condannati ad essersi subiti – tanto per dirne una – la goleada del Tatengue alla Bombonera. Tutto ruota, ancora, attorno a Juan Roman Riquelme. Resta? Smette? Chi lo sa. Il fatto è che se proprio si vuole trovare del buono nella stagione xeneize bisogna parlare di colui che è stato fortemente penalizzato dalla presenza di Riquelme e dall’assetto troppo “Roman-centrico” di questo Boca; Walter Erviti infatti è una delle poche note positive del semestre, l’ultimo a mollare, il primo a presentarsi spesso davanti ai microfoni a spiegare il perchè di certe figure. Da lui deve ripartire il Boca, anche se non è detto che possa rimanere, e dai ragazzi che hanno dato l’anima per provare ad emergere; gente come Zarate, Marín, Pol Fernandez e anche Paredes, regolarmente mobbizzato dal Virréy, sono una buona base di partenza per rifondare il rifondabile e dimenticare ciò che è successo in questo semestre dove soprattutto i senatori non hanno reso (Burdisso e Santiago Silva su tutti). E se il mercato porterà i rinforzi sperati, tanto meglio. 

Se Sparta piange però, Atene di certo non ride. Il Velez di Ricardo Gareca partiva in pompa magna per confermarsi campione, invece – qualche mese dopo – ci ritroviamo a parlare di squadra senza identità con il tecnico in bilico. Qualcosa non ha funzionato; in primis l’infortunio di Facundo Ferreyra ha sparigliato le carte in attacco, dove spesso il Tigre si è visto costretto a schierare il generoso Rescaldani e l’impalpabile Copete. In secondo luogo i fortineros sembrano aver perso la cattiveria che li contraddistingueva fino all’anno passato: partite perse male oppure nel finale denotano poca concentrazione e una sorta di appagamento di chi, in fin dei conti, non è che abbia vinto chissà cosa. 

Missione compiuta per le medio-piccole: Argentinos ed Atletico si salvano all’ultimo respiro e il prossimo anno partiranno con un coefficente Promedio terrificante; il Bicho, dopo l’avvento di Caruso Lombardi, è atteso ad un’altra rivoluzione sul mercato e perderà i tre messi fuori rosa dal tecnico (Placente, Matellan e Garcé) contando su un nocciolo di giovani molto interessanti tra i quali spicca Gomez, lanciato proprio sull’esterno da Caruso. Bene anche l’Albo, che dopo quasi 27 anni saluta il suo allenatore; lascia infatti Floresta il buon Pepé Romero, una vita alla guida dell’All Boys che gli ha permesso di farsi intitolare una statua fuori dallo stadio e davanti alla società. L’Albo si salva, con qualche patema, grazie più che altro alla voglia di arrivare all’obiettivo. Così come il Colon, l’Estudiantes, l’Arsenal, il Tigre ed il Godoy Cruz. Tutte, la prossima stagione, invischiate sul basso. Da questi club sono però usciti interessanti affari in chiave mercato: dall’esterno del Sabalero Graciani al portierino classe 1993 del Pincha, Jeronimo Rulli, passando per Ruben Botta del Tigre (acquistato dall’Inter e poi infortunatosi gravemente), Carlos Carbonero dell’Arse e il regista – classe ’92 – Gonzalo Castellani del Tomba. 

Finiamo con le dolenti note. Se Rosario Central, Gimnasia LP e Olimpo fanno festa e brindano alla promozione, il dramma sportivo è tutto per l’Independiente. Il Rey de Copas retrocede mestamente, senza lottare e con una girandola di allenatori e giocatori da far impallidire Zamparini. Stagione stortissima, quella del Diablo, che ripartirà dalle paludi di una B Nacional mai vista nè conosciuta in tutta la sua storia. Le lacrime del popolo di Avellaneda si mischiano a quelle reazioni d’orgoglio che solo un popolo forte come quello argentino può riversare nel futból, e giurano riscatto a partire da subito. Con il Rojo, salutano la Primera anche San Martín e l’Union di Santa Fe: il club cuyano paga l’ultimo anno e mezzo di risultati disastrosi, solo parzialmente riscattato con un ottimo Torneo Finál, mentre il Tatengue – beh – si è dimostrata la vittima sacrificale per tutti. Tranne per i rivali del Colon, sconfitti nel Clasico nonostante la squadra fosse già matematicamente retrocessa. Quando si dice l’orgoglio. Entrambi i club hanno però un denominatore comune, ovvero due tecnici capacissimi e in rampa di lancio. Se verranno confermati Ruben Forestello e Facundo Sava, il primo passo per la risalita immediata sarà compiuto.

Nessun commento:

Posta un commento