Come in tutti i campionati definiti minori, non per valore ma per contenuti, può però sempre scapparci una sorpresa. Da due anni a questa parte, a recitare il ruolo di matricola terribile, è l'Inverness Caledonian Thistle. Nato nel 1994 da una fusione tra due club della Non-League, Caledonian FC e Inverness Thistle, la società venne ripescata per colmare un posto vuoto in Scottish Football League e, solo due anni dopo la costituzione, i vertici dell'allora Caledonian Thistle ottennero il permesso per rinominare la società in Inverness CT. L'avventura in Premier inizia nel 2004, e dura per cinque stagioni culminando poi in un'inaspettata retrocessione. Ma questo, a posteriori, può essere considerato come un fattore di crescita. Nel 2009/10 infatti il club ritorna in SPL, dopo aver vinto la First Division. L'esordio è da brividi: al Tulloch Caledonian Stadium (catino incantevole situato nelle vicinanze del bellissimo Kessock Bridge), nell'agosto 2010, arriva il Celtic, che battezza la matricola battendola 1-0 con un gol segnato nella ripresa da McCourt. Ma da lì, la storia dell'Inverness è una continua ascesa, fino al terzo posto dello scorso anno, ottenuto in regular-season e poi non bissato nelle seconda fase, quando i ragazzi di Butcher terminano quarti dietro ai campioni del Celtic, Motherwell e St. Johnstone, perdendo l'Europa all'ultimo respiro. Un'Europa dove però l'esordio è già arrivato, nel 2008, quando l'Inverness comprò il primo straniero della sua storia - l'attaccante rumeno Mariu Niculae - poi protagonista di una contesa tra gli scozzesi e la Dinamo Bucarest, terminata con una sentenza che la FIFA emise a favore del club di Bucarest.
L'incantevole impianto locale |
Ma questo, ormai, è passato. Nel presente c'è una squadra solida e compatta, che ha fatto innamorare anche i tiepidi sostenitori cittadini, ormai affezionati ad un club che in passato fu a fatica accettato, a causa di una fusione voluta da pochi. I rossoblu di Duncan Shearer, subentrato all'idolo locale Butcher, continuano nel loro percorso di crescita a stampo britannico, non annoverano star da copertina ma onesti mestieranti dalla maglietta costantemente sudata. Uno di loro è senza dubbio il capitano Richie Foran, centrocampista centrale con il numero nove sulle spalle, irlandese arrivato ad Inverness nel 2008 dalle categorie minori inglesi. Con lui, il connazionale Aaron Doran, altra freccia appuntita nel cuore del gioco rossoblu. Il vero uomo-copertina è però l'attaccante Billy McKay; inglese di nascita ma orgogliosamente nordirlandese di nazionalità, tanto da portare il simbolo del suo paese tatuato sul cuore. I 23 gol dello scorso anno lo hanno consacrato al grande calcio, ma in estate - contrariamente a quanto si potesse immaginare - ha rigettato tutte le offerte arrivate, anche quelle da club più importanti come Motherwell e St. Jonhstone, impegnate in Europa League.
Perchè? Perchè in questa cittadina si vive bene, e la ricetta la svela un altro veterano del club, il portiere Ryan Esson: "Qui si sta bene e la gente ti fa sentire a casa. Inoltre la città è magnifica, offre molto dal punto di vista extracalcistico e spero, personalmente, di poterla ricambiare per l'affetto che ci regala tutti i giorni". Ora l'Inverness insegue la capolista Celtic con cinque punti in meno, frutto di alcune battute d'arresto dopo un inizio scoppiettante che ha visto i ragazzi di Shearer andare a pareggiare al Celtic Park con un rocambolesco 2-2. "E' stata una partita particolare - racconta il tecnico - vincevamo 2-0 ma poi nel finale ci hanno ripresi. Un peccato, ma nello stesso tempo un segnale a tutti: noi ce la giochiamo sempre". E questo, per l'Europa, potrebbe bastare.
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