venerdì 3 gennaio 2014

A volte ritornano: Adebayor, la risorsa segreta degli Spurs


Adebayor batte De Gea e condanna il Manchester United

Da Adeba-gol ad Adeba-flop, e ritorno. Londra sta riscoprendo in questi giorni uno degli attaccanti più prolifici fino a qualche anno fa, caduto inspiegabilmente in disgrazia a causa di alcune scelte personali discutibili e ad una serie di avvenimenti che lo hanno limitato sia fisicamente, che mentalemente.


Ora però, Emmanuel Adebayor pare essere tornato quel famelico centravanti che ci si ricorda fin dai tempi della sua esplosione, nel Monaco, quando i suoi gol attirarono l'attenzione di un guru come Arsene Wenger, che nel 2005 fece carte false per portarselo in Inghilterra. Anche contro l'opinione ostile dell'ambiente. Il suo gol contro il Manchester United, nell'ultimo turno (dove gli Spurs hanno espugnato 1-2 Old Trafford) di Premier League, non pare altro che un cerchio che va a chiudersi e riaccende i riflettori su una personalità complicata come quella di questo ragazzone, riassumibile in 190 centimetri di altezza e fragilità caratteriale.

In effetti, la discesa con la maglia del Tottenham è nota a tutti; preso in prestito nel 2011/12 dopo essere stato messo ai margini del Manchester City, Adebayor ha ripagato la fiducia con una super stagione da 17 reti in campionato, che ha aiutato la squadra allora diretta da Redknapp a centrare un'incredibile qualificazione in Champions League. Poi, all'improvviso, il buio. Perchè nel frattempo, a White Hart Lane esplode definitivamente la stella di Bale, e Adebayor - seppur riscattato a colpi di milioni - perde via via la fiducia dello staff tecnico. In panchina, da inizio campionato, c'è Andrés Villas-Boas, non propriamente uno incline a fidarsi di giocatori come il togolese. Al portoghese piacciono i brevilinei e - soprattutto - il 4-2-3-1, sistema nel quale Adebayor non offre le adeguate garanzie. Impossibile credere, dunque, che alla vigilia di questo torneo il centravanti sia ancora alle dipendenze degli Spurs; ma lo stipendio è gigante, e di società disposte a sgravare il Tottenham da un salasso del genere non ce ne sono. Si fa avanti solo il West Ham, che con Adebayor tapperebbe il buco immenso lasciato da Carroll, ma la richiesta di prestito fa sì che la trattativa, inevitabilmente, muoia ancora prima di nascere.

L'esultanza dopo un gol con il Togo (Getty Images)

Eppure, come sostengono in Inghilterra, il ragazzo non può essersi dimenticato di tutto ciò che tra Arsenal e Manchester City (squadra in cui diventò ben presto beniamino della tifoseria) è stato fatto. Purtroppo il gennaio del 2010 ha segnato un brutto precedente per Adebayor, minandone la serenità e la capacità di reagire alle situazioni difficili. Il Togo è su un bus diretto in Angola, dove dovrà prendere parte alla Coppa d'Africa, ma appena varcato il confine un gruppo di ribelli tende un'imboscata alla comitiva e fa esplodere una serie infinita di fucilate. Alla fine, i morti saranno tre, tra i quali il portiere di riserva della nazionale e un paio di membri dello staff. "Ne hanno ucciso uno proprio a pochi passi da me", rivelerà qualche mese dopo Adebayor, ormai entrato in una sorta di limbo dal quale pare non poter "provare alcuna emozione", come sostengono alcuni compagni. Gioca, sì, e segna anche, ma la testa rimane a quel giorno e a quelli seguenti, con i funerali e la rinuncia a giocare per il suo Paese (squalificato per tre anni per aver successivamente annunciato il ritiro dalla Coppa d'Africa). Toccante, a questo propostio, la conferenza stampa indetta per spiegare le sue scelte: "Per nove anni ho giocato per il mio paese - ricorda Adebayor - e, nonostante quanto accaduto in Angola, ho alcuni ottimi ricordi della mia carriera internazionale. Sono orgoglioso di aver avuto la fascia di capitano del Togo". Ma gli incubi che vive da allora sono più forti di ogni altra cosa. "Spero che gli altri siano in grado di lasciarsi alle spalle quanto successo in Angola e fare le fortune della Nazionale". 

L'esultanza che fece discutere

Nato a Lomé, in cui si dice possedere una villa molto particolare, al centro della quale si è fatto costruire una statua gigante che lo rappresente, Adebayor a casa non ci è più tornato fino ai tempi recenti, quando ha deciso di riabbracciare gli Sparvieri in vista delle qualificazioni a Brasile 2014, rispondendo positivamente alla chiamata del CT Didier Six. A Londra, intanto, Villas-Boas viene esonerato, e l'occasione per lui è ghiottissima. Sulla panchina del Tottenham arriva Tim Sherwood, carattere britannico e degno erede di Redknapp, dal quale eredita la quadratura anglosassone e il 4-4-2. Con Soldado, davanti tocca proprio a lui, che all'improvviso ritorna Adeba-gol e all'esordio piazza subito una doppietta decisiva al St.Mary's, casa del temibile Southampton, ripetendosi ad inizio anno con un altro gol pesante, nella vittoria sullo United. Il gioco di Sherwood gli permette di fare quello che gli riesce meglio, da prima punta, giocando per la squadra ed aiutandola a rifiatare sfruttando i suoi mezzi fisici, aprendo spazi o raccogliendo gli inviti dalle fasce dove un altro desaparecido - Aaron Lennon - ha riconquistato il posto. Il 2014 sarà dunque il suo anno decisivo, nel quale dovrà costruirsi il percorso per la sua ultima parte di carriera, in cui - fino ad oggi - ha mischiato grandi gesti (l'apertura di una sua scuola calcio a Lomè) a provocazioni surreali (la corsa "tutto campo" per esultare in faccia ai tifosi dell'Arsenal, l'anno in cui passò al City).

L'unica certezza? Che non è (più) un flop.

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