martedì 11 marzo 2014

Buenos Aires Para Todos – Viaggio nei quartieri della Capitale: Floresta e l’All Boys

Alla scoperta dei quartieri di Buenos Aires – Secondo appuntamento con la nostra rubrica. Oggi andiamo a Floresta, casa del Club Atletico All Boys.
 
Una vista di Floresta
Negozi di mobili e discoteche. Detta così fa abbastanza ridere. Eppure, nel cuore di Buenos Aires, c’è l’Avenida Rivadavia, pulsante zona commerciale nella quale il 29 agosto di ogni anno – durante la festa del barrío – confluiscono centinaia di migliaia di persone. Più di quelle che ci abitano.
Questo è il quartiere di Floresta, centralissimo lembo di terra che ha iniziato a svilupparsi a metà del 1800, quando ancora la zona era conosciuta più per i tratti paludosi – formati impietosamente dalle piogge torrenziali – che per ciò che gli sarebbe capitato di li a poco. Nell’agosto del 1857 infatti il governo decide di farci arrivare un tratto di ferrovia, e l’inaugurazione della “locomotora La Porteña” ha così contribuito allo sviluppo graduale del quartiere. Un quartiere piccolo, che conta – ad oggi – circa 40 mila abitanti, la maggior parte pazzi per il Club Atlético All Boys.
Curiosa, la storia dei blancos, oggi perennemente in lotta per la salvezza per una Primera Division che, nonostante le medie condizioni precarie in cui viaggiano praticamente tutte le società, sembra ormai non poter più calzare per il piccolo club di Floresta. Che, in realtà, non è nemmeno la prima squadra nata nel circondario, ma più correttamente l’unica che ancora ci gioca. Già, perchè quando nel 1913 il solito gruppetto di amici di creare l’All Boys (il cui nome è un omaggio alla giovane età, visto che ci si augurava di rimanere ragazzi per sempre), nel quartiere era già nato il Velez Sarsfield, società con la quale ancora oggi è viva un’accesissima rivalità. Con la decisione del trasferimento a Liniers, il Velez ha permesso all’Albo di crescere sia a livello di tifo, che come fenomeno sociale.
 
Pepé Romero, gloria del club
Dopo i primi anni passati nelle categorie amatoriali, l’All Boys inizia a metà secolo una lenta ma pindarica scalata verso il professionismo, e nel 1972 riesce a vincere clamorosamente la Segunda División. Era la squadra dell’idolo locale José Santos Romero detto Pepé, ancora oggi riconosciuto come la più grande figura di sempre (ha anche allenato l’Albo) di un club che – per necessità – ha sempre cercato di vivacchiare tra i grandi. Undici vittorie di fila proiettarono così la squadra in Primera Division, dove al primo campionato centrò una salvezza tranquilla, ripetendosi per altri sei anni consecutivi.
Nel 1980, il penultimo posto stagionale ottenuto nel Metropolitano condanna l’All Boys ad un’inevitabile retrocessione, facendo sprofondare in una sorta di irreversibile anonimato un ambiente affezionato ad un ambiente quasi chiuso, che a metà degli anni ’80 vede anche i primi movimenti per quanto riguarda la tifoseria organizzata. La Peste Blanca, così viene battezzato lo zoccolo duro delle gradinate, gira l’Argentina diventando una delle barras più temute dell’intero paese. Il loro trápo campeggia in ogni stadio, e spesso alcuni di loro dalle trasferte nemmeno rientrano visti i diversi arresti collezionati negli anni. Ma l’Argentina è anche questo: colore e politica.
 
La Peste Blanca
Lo stadio di casa, inaugurato nel 1963 con migliaia di palloncini sganciati da un elicottero, è dedicato ad uno degli eventi più sanguinari – ma nello stesso motivo d’orgoglio – che il popolo argentino ricordi; si chiama “Islas Malvinás Argentinas“, e il significato non è nemmeno da spiegare. In quegli anni grigi, Floresta diede molti valorosi soldati al paese ( per perorare questa causa, che ancora rappresenta una ferita non del tutto ricucita.
Un altro avvenimento simbolo del quartiere è il famosissimo “Masacre de Floresta“, avvenuto nel 2011; in un supermarket di Plaza de Udine (già, proprio la nostra Udine) tre giovani ragazzi, sentendo una notizia al telegiornale che parlava di un poliziotto ucciso, avrebbero commentato la notizia con un “per una volta è toccato ad uno di loro“. Peccato che alle loro spalle ci fosse un agente in borghese, Juan de Dios Velztiqui, che sentita questa frase estrasse la pistola di servizio e ammazzò i tre giovani, di età compresa tra i 23 ed i 25 anni. Ogni anno, la barra dell’All Boys si fa capo dell’organizzazione di una marcia pacifica dedicata alla memoria dei tre ragazzi, con arrivo proprio nella Plaza de Udine, dove alcuni anni fa fu dipinto un murales rappresentante i volti dei tre giovani uccisi.
 
Il murales dedicato ai tre ragazzi uccisi
Sportivamente parlando invece, l’anno di consacrazione è il 2010, quando clamorosamente il Rosario Central si ritrova a giocare lo spareggio per non retrocedere e davanti c’è proprio l’Albo, passato da pochi mesi in mano all’attuale presidente, Roberto Bugallo. L’andata si gioca in casa dell’All Boys, che a metà ripresa trova il vantaggio con un bel colpo di testa del solito Mauro Matos, ma nel recupero subisce il pari, sempre di testa, segnato da Guillermo Burdisso. Sembra fatta per la Canalla, con il ritorno in casa che sembra pura formalità. Ed invece no: il “Gigante de Arroyito” ricorderà a lungo quella serata, quando dopo soli sette minuti di Vieytes ammutolisce i 40 mila tifosi di casa e fa esplodere il settorino con gli ospiti schiacciati uno sopra l’altro. A metà del primo tempo poi è Matos che protegge un bel pallone e libera Campodonico per il 2-0, diventato 3-0 a metà ripresa su un terrificante destro di Vella. La partita non finisce nemmeno, dato che i tifosi del Central invadono il campo ad un quarto d’ora dalla fine. Incidenti, squalifica e via dicendo.
 
Una veduta dello stadio locale
Oggi l’All Boys non vive un grande presente; la società è completamente in rosso, Bugallo aspetta con impazienza la fine del mandato e la classifica piange, così come il Promedio. Quello che rimane, però, è la coloratissima Floresta, con l’Avenida Rivadavia che ogni giorno si riempie di gente e Plaza Veléz Sarsfield, la più grande e più bella del barrío, che una volta l’anno ospita il circo più grande d’Argentina. D’altronde, come scrisse Roberto Arlt (una delle figure più influenti del quartiere assieme al presentatore televisivo Peluffo) nelle sue “Aguafuertes porteñas“: “Floresta es fiesta, es mi corazón“.



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