lunedì 25 agosto 2014

Giorni neri nel sud di Londra: la crisi del Crystal Palace

Un anno fa il trionfo a Wembley seguito da una clamorosa salvezza. Oggi invece il Crystal Palace è una squadra allo sbando, con una società che spende poco e male. Motivo per il quale Tony Pulis, eroe dello scorso campionato, ha deciso di rassegnare le dimissioni. E dalle parti di Selhurst Park l'ottimismo è stato rimpiazzato dalla triste consapevolezza che le Eagles sono serie candidate alla retrocessione.



"Godiamoci il momento finchè dura". Cinque parole che pesano come un macigno che appaiono su uno dei forum più frequentati dai tifosi del Crystal Palace. A scriverle è solo uno dei utenti/tifosi delusi dagli ultimi avvenimenti avvenuti in casa della società londinese, che lo scorso anno era tornata tra le grandi del calcio britannico dopo il magnifico pomeriggio di Wembley ed oggi, ad un anno di distanza, si ritrova con l'etichetta di "cenerentola" (condivisa con il Burnley) appiccicata sulla fronte. Esagerato fare il "de profundis" dopo soli due turni? Forse.

Ma andiamo con ordine. La stagione 2012-13 ha rappresentato molto per le Eagles. Dopo una grande rimonta in Championship, uno dei campionati più e difficili del mondo, il Crystal Palace centra una clamorosa qualificazione ai playoff promozione battendo 1-0 il Watford in una tiratissima finale giocata nello straordinario scenario di Wembley, decisa da un calcio di rigore trasformato da Kevin Philips. Intonando la celebre "Glad all over", i tifosi del Palace dopo sette anni sono tornati a respirare l'aria di Premier League (mancavano dal 2005), sebbene in cuor loro sapessero che il massimo momento della storia del club (inizio anni '90, una finale di Coppa di Lega ed un terzo posto con Ian Wright in attacco) sarebbe stato difficile da ripetere. Il protagonista della cavalcata fu senza dubbio Ian Holloway, tecnico amatissimo dai tifosi, ritenuto - a ragione - uno dei migliori allenatori del panorama inglese per il suo stile britannico fatto di lanci lunghi, tackles e stradominio fisico. L'impatto con la Premier però è peggio di quanto ci si potesse immaginare, tanto che ad ottobre il chairman Steve Parish - di comune accordo con lo stesso Holloway - decide di rescindere consensualmente il vincolo alla società affidando la panchina a Tony Pulis, uno che a Stoke On-Trent è ancora oggi ricordato come un idolo. 

Perchè? Semplicemente per via del suo "percorso netto" riguardo a portare le squadre da lui allenate alla salvezza. Pulis è uno che non ha paura di nulla, prende squadre pericolanti e dopo averle rimesse in sesto le aiuta a mantenere la categoria. Missione compiuta anche al Crystal Palace, che "zio" Tony rivolta come un calzino e a gennaio puntella con l'arrivo del centrocampista Ledley a dare spessore alla sua mediana. Non ha paura di sporcarsi le mani, Pulis, ma un altro suo pregio è quello di essere un uomo d'altri tempi, tutto d'un pezzo; un paio di settimane fa, dopo aver constatato la poca inclinazione della società della società a concedergli carta bianca sul mercato, anche lui ha deciso di rassegnare le dimissioni lasciando una squadra da lui forgiata, e presa in mano - almeno momentaneamente - dal suo secondo. Holloway e Pulis paiono così accumunati da un minimo comun denominatore, identificabile nelle poche ambizioni del club nella figura di Parish e soci (ci sono quattro presidenti che possiedono il 25% delle azioni a testa), e se Holloway (oggi legato al Millwall per due anni e mezzo) decise di tentare la fortuna con una rosa evidentemente poco attrezzata, Pulis ha deciso il contrario. A far traboccare il vaso ci sarebbero stati i pessimi esiti delle trattative per portare al "Selhurst Park" il terzino Fabio, l'esterno Zaha e Sigurdsson, tasselli che l'ormai ex tecnico del Palace riteneva fondamentali.


Oggi il club non ha punti di riferimento. Nelle prime due uscite sono arrivate altrettante sconfitte, delle quali una onorevole (contro l'Arsenal) mentre l'altra - il derby col West Ham - giocata decisamente male. La squadra possiede un tasso tecnico non eccelso, soprattutto davanti dove - Burnley a parte - è probabilmente quella costruita peggio per il livello attuale della Premier League, senza un vero bomber e con il solo Chamack (ed è tutto dire) come riferimento. In panchina si è seduto Keith Millen, soluzione low-cost in attesa di capire cos'è meglio per un ruolo delicato che, in ogni caso, andrà considerato in prospettiva. Firmare oggi per il Palace significherebbe quasi sicuramente allenare in Championship il prossimo anno, motivo per il quale McKay (ex allenatore del miracolo Cardiff) e Neil Lennon hanno già declinato l'invito, mentre Tim Sherwood si è sentito solo un ripiego dopo essere stato contattato solo in seguito. Insomma, una situazione non semplice. Eppure l'impianto di casa è perennemente una bolgia, trabocca di passione ed ad ogni match casalingo si raggiungono grossi numeri soprattutto in occasione dei derby più sentiti (Millwall e Charlton). Edgar Davids ed Attilio Lombardo, che ci hanno militato (l'ex doriano è anche entrato nel Dream Team del secolo scorso), parlano del sud di Londra come un'oasi felice nonostante le poche ambizioni degli ultimi decenni. Troppo poco per puntare alla salvezza, soprattutto in un torneo dal livello così alto come la massima divisione inglese, in cui il salto dalla seconda categoria alla prima rimane tra i più difficile dell'intero panorama mondiale.

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