lunedì 5 gennaio 2015

Nel nome del Padre, del Figlio e dell'Espirito Santo

Minuto 73 di Valencia - Real Madrid. Il "Mestalla" è in visibilio per il 2-1 appena segnato dalla squadra di casa. Ad un certo punto dalla panchina si alza il cartellone elettronico dei cambi: dentro Feghouli, fuori Barragan. Ma come, un trequartista per un terzino quando stai vincendo contro il Real e devi difendere il vantaggio? Sì, lui può. E il finale gli darà ragione.



Quel "lui" è Nuno Espirito Santo, allenatore che da quest'anno al Valencia sta mettendo in scena uno spettacolo che mancava da qualche anno dalle parti della "Comunidad". Il 2-1 rifilato ai "campioni di tutto", come lo stesso Nuno li aveva definiti nella conferenza stampa prepartita, è solo l'apice di un campionato che per la città e - soprattutto - per la società, rappresenta un'occasione di rilancio. Il che, tradotto significa qualificazione alla prossima Champions League. "Ma noi non ci pensiamo e procediamo un passo alla volta - ha commentato il tecnico dopo il fischio finale di quello che è stato il match dei match, che ha visto le 'Merengues' perdere dopo 22 successi di fila - era importante dare un segnale alla nostra gente. Missione compiuta, ma andiamo avanti per gradi". Modesto, pungente, riflessivo.

Eppure Nuno Espirito Santo è arrivato a Valencia in mezzo a diversi punti interrogativi; la prima domanda comune tra i tifosi riguardava l'adattamento di un tecnico emergente alla Liga, ma soprattutto alla realtà valenciana. Il secondo punto di vista riguardava più l'aspetto personale che le questioni di campo; al momento dell'arrivo in Spagna, su uno dei quotidiani sportivi più influenti del paese esce un articolo in cui si parla dei profondi legami tra Peter Lim - numero uno del club - e Jorge Mendes, re dei procuratori, finito spesso all'onore delle cronache per i suoi metodi non proprio ortodossi nell'operare all'interno del mondo del calcio. Mendes approfitta delle amicizie personali per portare a Valencia diversi suoi assistiti, che ad oggi hanno fatto la fortuna del squadra, soprattutto in campo. La parabola di Nuno però sembra essere differente; emigrato da bambino in Portogallo dopo l'adolescenza passata in patria, a Sao Tomè (colonia portoghese), Nuno arriva a Setubal per entrare nel settore giovanile del Vitoria, club che poi lo farà esordire in Primera Division nel 1992, a 22 anni ancora da compiere. Dopo quattro stagioni passati nella parte lusitana arriva la chiamata spagnola; è il Deportivo La Coruna a metterlo sotto contratto, quando ancora in Galizia si parlava di "Super Depor". Nuno arriva per fare da secondo ad un "certo" Songo'o, e già dopo un anno viene mandato in prestito. Alla fine, dopo due stagioni da titolare al Merida e una all'Osasuna, torna a La Coruna per giocarsi il posto da titolare, mettendo insieme una stagione più che discreta nonostante dal "Riazor" siano già partiti quasi tutti i pezzi da novanta. 

La tappa successiva è il Porto, club con il quale firma nel 2002 rientrando tra i protagonisti (seppur non attivi) della Champions League targata Mourinho. L'allora titolare Vitor Baia, sempre in campo, spese parole di stima nei confronti del collega: "Se non avessi alle spalle uno come Nuno non avrei stimoli per migliorarmi - disse l'ex portiere del Barcellona - La sua concorrenza mi fa bene. E' un amico, ma anche il mio primo tifoso". Ed in effetti il ruolo di Nuno fu importante, tanto che la Dinamo Mosca decise di portarlo in Russia affidandogli una maglia da titolare, senza però fare i conti con diverse difficoltà ambientali, in primis le temperature, che spingono il portiere a rientrare in patria dove giocherà ancora un anno nell'Aves e chiuderà nel Porto. Se però la carriera da giocatore di Nuno può essere catalogata tra le oneste, il suo percorso da allenatore ha tutto - almeno fino ad oggi - per considerarsi di primissimo livello. Dopo aver lavorato come allenatore dei portieri per Jesualdo Ferreira, prima al Malaga e poi al Panathinaikos, arriva l'offerta del Rio Ave, primo vero viatico della carriera di un tecnico innovativo, sempre pronto a giocare a viso aperto per cercare insistentemente il gol. Infatti, l'allora neopromossa, diventa subito la mina vagante della Liga Sagres e dopo un'agevole salvezza, centra le due finali di coppa (quella portoghese e quella di lega) perdendole entrambe di misura. Il Porto pensa a lui come successore di Leonardo Jardim vista la sua affinità con la città.

Invece Nuno sceglie il Valencia, che arriva da un periodo in chiaroscuro dopo la gestione argentina di Pizzi. L'estate del 2014 porta in dote alla squadra molti suoi connazionali, che ben presto si sono rivelati utili alla causa, con buona pace di chi - per diversi motivi - parlava di favori fatti alla scuderia di Jorge Mendes. L'adattabilità alle risorse a disposizione è la caratteristica che è subito balzata all'occhio di tutti gli appassionati della Liga; partito con la difesa a quattro, Nuno ha cercato di dare più equilibrio alla manovra dopo alcune partite anonime spostando un uomo in più in mezzo e rimettendo nel loro naturale modulo due difensori affidabili come Mustafi ed Orban. A comandare la difesa invece c'è uno degli insostituibili, Nicolas Otamendi, mentre in mediana - con il fresco arrivo di Enzo Perez - si passerà al 3-4-1-2 visto contro il Real Madrid, al netto di alcune possibili modifiche. Perez, che Nuno apprezza per averlo affrontato al Benfica, compone una cerniera affidabilissima con Andrè Gomes e Dani Parejo, che si alternano nel ruolo di mezzapunta. La prima scommessa vinta si chiama Gayà, laterale mancino classe 1995 che dà più equilibrio di Pablo Piatti, fantasioso (ma anche anarchico) trequartista che - per sua stessa ammissione - il tecnico stima molto. Il prossimo step sarà far convivere due animali da gol come Paco Alcacer e il "cavallo di ritorno" Alvaro Negredo; il Tiburon è apparso ancora indietro di forma, ma si è sacrificato molto in copertura e proprio per questo Nuno lo ha tenuto dentro per tutto il tempo contro il Real Madrid. Il suo è un Valencia aggressivo, che pressa alto e non molla un centimetro; per il quarto posto ci sarà da vincere un testa a testa contro il Siviglia, perchè le prime tre sembrano inavvicinabili. Ma questo sembra l'anno buono, in attesa di vedere come si evolverà questo ambiziosissimo progetto di crescita targato Peter Lim.

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