lunedì 27 aprile 2015

Guerra e crisi su sfondo ucraino



Cinque partite da giocare e cinque punti di distacco. Il weekend ucraino appena andato in archivio era quello che tutti - o quasi - si aspettavano. Era la giornata di Shakhtar - Dinamo Kiev, partita dagli alti contenuti emotivi oltre che un match con in palio punti importantissimi in chiave classifica.

Già, perchè lo 0-0 maturato sul campo neutro di Leopoli è la fotografia di una domenica di straordinaria tranquillità; squadre che si scambiano abbracci e gagliardetti, discreta correttezza in campo e poche occasioni vere da segnalare. Il clima però era surreale, e negarlo sarebbe stupido oltre che un insulto verso una popolazione dilaniata da problemi veri, che lo sport - almeno questa volta - non riuscirà a risolvere.

L'Ucraina calcistica rispecchia esattamente l'andamento del paese, spaccato in due dalla terribile guerra civile iniziata lo scorso anno che ha portato centinaia di morti su entrambi i lati del conflitto. "Abbiamo provato a cercare tranquillità altrove - dirà al termine del match Mircea Lucescu - ma non è stato facile perchè gli ucraini in rosa hanno vissuto mesi preoccupandosi per le proprie famiglie, mentre gli stranieri non vedevano l'ora di andarsene". Il tecnico romeno è stato importantissimo nella gestione di questa situazione "ordinariamente folle", trasformandosi in una specie di papà e psicologo per tutti. A gennaio, addirittura, ha perfino deciso di portare la squadra venti giorni in Brasile per permettere alla folta colonia verdeoro presente in rosa di respirare aria di casa. Il motivo? La scorsa estate buona parte degli stranieri voleva appunto lasciare il club, e ciò avrebbe rappresentato un impoverimento epocale per la società. Quindi Lucescu ha preso uno ad uno i suoi ragazzi e li ha convinti a restare, tranne Ferreyra - ceduto in prestito al Newcastle -  e Bernard, ad oggi infortunato e quindi con il futuro in stand-by.

La situazione a Donetsk è pesante, e oltre al danno economico e sociale (la "Donbass Arena", gioiellino architettonico e casa dello Shakhtar, ha perso completamente una tribuna a causa di una bomba sganciata dall'esercito di Mosca), la società arancionera si è dovuta forzatamente trasferire a Leopoli, città dell’Ucraina occidentale lontana dai focolai di guerra - tra forze governative ucraine e miliziani filorussi - che dista 1200km da Donetsk. Rinat Akhmetov, numero uno del club nonchè magnate più ricco d'Ucraina (39° al mondo), negli ultimi mesi ha però capito come tira il vento, tanto da paventare l'ipotesi di trasferire il club proprio a Lyiv costruendo un nuovo stadio e trasferendoci tutte le categorie giovanili. Ah, oltre ad essere un club di livello mondiale, lo Shakhtar possiede un vivaio floridissimo, e a Donetsk era stato costruito uno dei centri sportivi più innovativi del mondo, anche questo distrutto quasi interamente dai bombardamenti. Ciò non ha comunque impedito ai ragazzi di realizzarsi, con l'apice raggiunto in finale di Youth League, dove Kovalenko (a proposito, occhio a questo ragazzo) e soci sono stati sconfitti dai marziani del Chelsea.

In questo contesto desolante spicca anche la questione Crimea; la regione posta nell'area settentrionale del Mar Nero ha chiesto ai suoi abitanti di votare, tramite referendum, la volontà di un'annessione alla Russia. La scelta è totale: il 97% non riconosce più il governo centrale di Kiev e chiede a gran voce di passare sotto Mosca. Così, inevitabilmente, anche alcuni club agiscono di conseguenza; il primo è il Sevastopol, società con poca storia e zero titoli che fa poco rumore, mentre a dare scalpore è la scelta del Tavrija, che per l'Ucraina calcistica rappresenterebbe una perdita gravissima visto che è stata la prima - ed unica - società ad aver vinto un'edizione del campionato dopo il crollo dell'Unione Sovietica (1992, da lì in poi hanno trionfato solo Shakhtar e Dinamo). I numeri uno di entrambe le squadre hanno fatto domanda a giugno 2014 per entrare a far parte della Russian Premier League, ma ad oggi l'ok da parte della FIFA - probabilmente attenta alle decisioni ancora in sospeso dell'Unione Europea - non è arrivato. L'eventuale riuscita di tale trasferimento rappresenterebbe un enorme problema per la federazione ucraina, perchè quasi la metà dei club militanti nelle prime due divisioni hanno origini russofone, e di conseguenza potrebbero essere invogliate a seguire Sevastopol e Tavrija in quello che sembra un iter burocratico infinito.

Mentre si cerca di evitare nuove onde secessioniste, il campionato va avanti tra mille difficoltà e club sempre più indebitati. Il finale della scorsa stagione ha mietuto la prima vittima illustre, il Metalist Kharkhiv, dopo che il presidente Serhij Kurčenko è scappato in Bielorussia per sfuggire ad un mandato d'arresto da parte del governo. La colpa? Essere uno dei venti uomini i quali conti bancari sono stati congelati dal regime Janukovyč. Così il Metalist è rimasto indebitato fino al collo, e dopo non aver saldato per mesi gli stipendi a dipendenti e calciatori, in estate ha dichiarato bancarotta.

In tutto questo a ridersela, metaforicamente parlando, è la Dinamo Kiev. I biancoblu sono la squadra dell'anno, perchè oltre al campionato quasi vinto (con conseguente quinquennio di marca Shakthar azzerato), la compagine diretta dall'ex gloria del club Serhiy Rebrov è arrivata a giocarsi i quarti di finale di Europa League prima di cadere sotto i colpi della Fiorentina. Meglio, in Europa, ha fatto il Dnipro, altra solida realtà in un paese in cui - le realtà - si contano sulle dita di una sola mano. Entrambe le squadre sono futuribili, annoverano giocatori di tutto rispetto (Dragovic e Vida, entrambi difensori della Dinamo, sembrerebbero in orbita Inter) e negli anni si sono costruite una discreta esperienza sui campi internazionali. 

Poi, appunto, c'è lo Shakhtar, chiamato ad una stagione di ricostruzione proprio per i motivi citati in precedenza; Lucescu è comunque fresco di rinnovo, e al netto di alcune partenze dolorose ed inevitabili (il primo sarà Douglas Costa, trequartista che piace in Premier) il club del Donbass non dovrebbe avere problemi a tornare protagonista come nel 2009, quando vinse vinse il suo primo ed unico trofeo internazionale battendo in finale di Europa League il Werder Brema.

Nessun commento:

Posta un commento