venerdì 10 aprile 2015

I gioielli di Oporto


Oporto, cuore del Portogallo. Un cuore pulsante soprattutto dal punto di vista calcistico; qui, dalle parti dell' "Estadio do Dragão" sono passati tutti i giocatori e gli allenatori migliori dell'ultimo ventennio lusitano. A riprova di ciò basta guardare la bacheca del club locale: 14
campionati a partire dal 1995, 8 coppe di Portogallo oltre ad una consacrazione di talenti pari solo a quella dei rivali di sempre del Benfica. Ovviamente, anche il potere economico della società è cresciuto; oggi il Porto rappresenta l' "El Dorado" portoghese, può permettersi di ingaggiare giocatori forti già formati, a differenza degli anni passati dove puntava esclusivamente sui giovani, spendendo cifre discrete per poi tirare su plusvalenze astronomiche.

Gli esempi sono innumerevoli; nel 2011 il Porto cedette Radamel Falcao all'Atletico Madrid per circa 45 milioni di euro, un'anno dopo toccò ad Hulk lasciare il Portogallo per la Russia (40 milioni pagò lo Zenit per portare l'attaccante a San Pietroburgo), e più recentemente sono stati i vari Mangala e James Rodriguez a rappresentare le entrate maggiori per i Dragoni. Fino a pochi giorni fa, quando il Real Madrid ha precettato il terzino destro brasiliano Danilo per la prossima stagione: 31,5 milioni è la cifra che le Merengues verseranno al Porto. Un altro colpaccio da novanta.
IMGG
Le cessioni illustri dell'ultimo decennio
Nonostante le continue cessioni la società portoghese rimane solida e sempre pronta a ripartire; il secondo posto di quest'anno, provvisorio, porterà i ragazzi allenati da Julen Lopetegui a battagliarsi il titolo fino all'ultimo contro il Benfica. Dopo di che, con la qualificazione alla prossima Champions League ufficiale, ci si dovrà guardare negli occhi con il tecnico per capire chi sarà il prossimo (o i prossimi) a lasciare il club. Nella stagione che sta volgendo al termine ci sono quattro giocatori particolarmente seguiti, e sorprendentemente uno di loro non è Jackson Martinez. Il bomber colombiano, di indubbie qualità, è un profilo ormai conosciuto e quest'estate potrebbe essere il primo a fare le valigie. Per gli altri il futuro è ancora incerto; Yacine BrahimiHector Herrera e Vincent Aboubakar sono osservati speciali da molti top club europei, anche se probabilmente solo un paio di loro - al massimo - verranno ceduti. Il più vicino alla riconferma, data l'età e le prospettive ancora potenzialmente migliorabili, è senza dubbio l'attaccante del Camerun.

Nato a Yaoundè nel 1992, Aboubakar è probabilmente l'erede di Jackson Martinez. La punta francese d'adozione è arrivato solo l'estate scorsa al Porto, club che lo ha seguito molto nelle sue quattro stagioni giocate in Ligue 1 fino a quando non ha strappato un assegno da 3 milioni di euro prelevandolo dal Lorient. E' proprio sotto la guida di Gourcouff senior che Aboubakar è diventato una punta completa; nell'unica stagione giocata in arancioblu, il camerunense ha segnato 17 gol in campionato tenendo testa a quasi tutti gli attaccanti della massima divisione francese. A 17 anni, notato in un polveroso campo della periferia, il giovane centravanti venne notato da un osservatore del Coton Sport magnetizzandolo grazie al suo fisico molto sviluppato e alle lunghe leve, qualità utili a fare la differenza soprattutto a certi livelli. Portato in fretta e furia a Garoua, Aboubakar ci mette pochi mesi a farsi notare dal Valenciennes. Volato in Francia ci mette un po' ad ambientarsi, ma col tempo si guadagna parecchio spazio fino al passaggio - appunto - in quel di Lorient. Il resto è storia attuale; oltre ai gettoni con la maglia dei Dragoni (tre gol fino ad oggi, uno importante in Champions League contro lo Shakthar) sono arrivate le chiamate di Finke con la nazionale dei Leoni Indomabili, dove ha giocato titolare le qualificazioni alla Coppa d'Africa (centrale nel 4-3-3 o in coppia con N'Jie, in un 4-4-2 molto offensivo).

Il camerunense Vincent Aboubakar
Il camerunense Vincent Aboubakar
Per parlare di Yacine Brahimi bisogna invece fare un lunghissimo salto indietro nel tempo. Il centrocampista offensivo può essere tranquillamente definito uno scarto del PSG: "Andare via da Parigi è stata una fortuna", dirà lui con la tristezza nel cuore qualche tempo dopo. Già, perchè nonostante sia ormai un faro della nazionale algerina, Brahimi nasce nell'ottobre del 1990 proprio a Parigi da genitori ovviamente emigrati in Francia dall'Algeria. La sua carriera inizia presto, e dopo gli esordi da ragazzino con un paio di squadre di provincia, arriva la chiamata dal centro sportivo di Clairefontaine, la Coverciano francese dove tutti i migliori talenti transalpini vengono svezzati fino alla maggiore età. Brahimi ci passa tre anni prima della chiamata del PSG: "Ero giovane e riavvicinarmi a casa mi sembrava l'idea migliore" racconta oggi uno dei migliori giocatori della Superliga, "invece ho praticamente perso due anni. Poi è arrivato il Rennes". Siamo nel 2006, e il Rennes lo preleva a zero su consiglio di Frederic Antonetti, allora tecnico del club bretone, che lo segue da qualche mese e lo definisce come "uno dei playmaker più forti di sempre in prospettiva". Qualche prestito, poi l'ingresso stabile con i grandi fino al prestito - siamo a gennaio del 2013 - al Granada, società di orbita Udinese che vorrebbe in un futuro tesserare il talento algerino per poi spedirlo in Friuli. Ad Udine Brahimi non ci arriverà mai, perchè nel frattempo le sue prestazioni fanno il giro d'Europa e - come se non bastasse - anche il discreto mondiale disputato in Brasile lo allontana sempre più dall'Italia. Il Porto, facendo leva sulla Doyen Sport (la società di procuratori ne controlla la parte maggiore del cartellino) paga 6,5 milioni di euro per averlo in estate, a fine mondiale. Un mondiale che Brahimi ricorda con il sorriso: "Sono contento di ciò che abbiamo fatto - dice il centrocampista - in patria ci hanno accolto bene. Tutti, anche me che solo nel 2013 ho scelto l'Algeria". Brahimi infatti ha percorso tutta la trafila delle nazionali giovanili francesi, giocando al fianco dei vari Sakho, Matuidi, Theophile-Catherine e M'vila. Ma questo è il passato; il presente (ed il futuro) si chiamano Porto e - forse - la Premier League: "In Spagna mi sono trovato bene (ha vinto il premio come miglior africano lo scorso anno ndr), qui è un paradiso. Ma la Premier..."

Herrera e Brahimi festeggiano un gol
Herrera e Brahimi festeggiano un gol
Qualche mese prima di Brahimi, da un'altra parte del mondo, nasceva Hector Herrera. A Tijuana è una specie di idolo locale pur non avendo mai giocato con la maglia degli Xolos. Questo perchè Herrera è uno che non molla mai e in campo dà tutto sè stesso; a 16 anni il Pachuca, sempre attento ai talenti sul territorio messicano, lo strappa alla sua città natale e lo porta a crescere in uno dei settori giovanili più floridi dell'intero Messico. Lui gioca (bene), segna e colleziona qualche gettone nelle giovanili della Tri, prima di esordire in Primera Division nel 2011 in una partita giocata contro il Santos Laguna. A fine giugno 2013 il Porto lo acquista per 8 milioni, senza sapere che il ragazzo avrà un grande impatto con il campionato portoghese fin da subito. Dopo poche gare è già titolare grazie alla sua personalità ed al coraggio che non gli mancano di certo. Tenta spesso il tiro da fuori sfruttando il suo ottimo piede destro, segna tre gol e sfonda il muro delle 20 presenze. Il mondiale in Brasile lo ha consacrato ulteriormente, visto che a fine torneo è stato inserito dalla FIFA nel best 11 della manifestazione. Il Manchester United avrebbe fatto pazzie per averlo la scorsa estate, e non è escluso che possa tornare alla carica nella prossima sessione di calciomercato. Di lui, oltre al grande carattere, piacciono la corsa e lo spirito di abnegazione, l'abilità a fare le due fasi di gioco ed il feeling con il gol che sta via via migliorando. Acquistato per 8 milioni, non partirà per meno di 30: questo il Porto lo ha già detto chiaro e tondo. E si sa che con Pinto da Costa non si tratta.

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