martedì 5 maggio 2015

The Italian failure



"Se qualcuno vuole il club e pensa di poter fare di più è ben accetto. Lo aspetto con una proposta". Francesco Becchetti, numero uno del Leyton Orient, risponde così alle feroci critiche piovutegli sulla testa dopo la clamorosa retrocessione in League Two del club. Poco
male, direte voi: non è l'Inghilterra la patria della sportività, dove dopo anche una brutta botta ci si ritrova al pub per bere una pinta? Sì, ma non è questo il caso. Perchè se provi a trasformare in Italia un angolo di Londra, non puoi di certo aspettarti pacche sulle spalle.

Per raccontare la tragica stagione degli O's è necessario fare un passo indietro, allo scorso anno. Sono i primi giorni di luglio del 2014, e Becchetti - tramite l'intermediazione di un famoso broker, tale De Fantis - riesce a mettere le mani sul Leyton Orient, club ben radicato ad est della capitale inglese dove c'è la possibilità di fare business. Il piano è chiaro; dopo essere subentrato a Barry Hearn - che molla la società dopo 19 anni - Becchetti fa piazza pulita e, dopo aver staccato un assegno da 7 milioni, rifonda completamente la struttura del club. Il primo di tantissimi errori. Il secondo è stato quello di farsi sfuggire Russell Slade, vero protagonista della cavalcata dell'anno prima culminata con la mancata promozione in Championship per un nulla. Il fallimento è dietro l'angolo, quasi annunciato nonostante la squadra sia praticamente la stessa di quella precedente, brava e sfortunata a sfiorare la promozione in Championship. In panchina si alternano Kevin Nugent prima e Mauro Milanese poi, dopo che - in estate - Gianpaolo Montali (sì, l'allenatore di pallavolo) rinuncia all'offerta perchè non è sicuro di poter svolgere al meglio il compito. I risultati non arrivano, ma nessun problema; Becchetti è ottimista tanto che - a dicembre - in occasione dell'apertura di una sua rete televisiva albanese decide di trasformare il campionato degli O's in un reality show sullo stile del ben più famoso "Campioni", esperimento (fallito, tra l'altro) della Mediaset di qualche anno fa.

Il resto lo ha fatto il campo assieme all'arrivo di Fabio Liverani, inesperto a livello di guida tecnica con i suoi pochi mesi al Genoa, ma sponsorizzato da Alessandro Moggi, uno che oltre ai danni italiani ha deciso di volare in terra d'Albione per farsi conoscere anche lì. Il figlio del ben più celebre Luciano viene contattato a gennaio per salvare il salvabile, ma non ci riesce. Perchè la squadra è in caduta libera, figlia di una difesa non più solida come nello scorso campionato (Cox, il più talentuoso, subisce l'involuzione più grande dopo il trasferimento saltato al Cardiff dell'ex Slade), una mediana senza qualità e big mancati (tipo McAnuff) per motivi vari. L'assenza di un assetto ben definito, e quindi disorganizzato, non ha permesso a Liverani di provare almeno a salvare il salvabile, e così dopo il 2-2 dello scorso weekend ottenuto sul campo dello Swindon è arrivata la matematica condanna. Un'involuzione pazzesca, quella dell'Orient, che solo pochi mesi fa progettava di salire in Championship e di trasferirsi in uno stadio da poco più di sessantamila posti. Ma il risveglio, brusco, si chiama League Two, categoria lasciata nel 2006 dopo uno storico spareggio vinto contro l'Oxford. Becchetti ha già detto che vuole disfarsi del club, ma è difficile trovare un acquirente che - dopo un'annata così catastrofica - possa almeno farti rientrare dell'investimento, anche perchè nell'East London gli O's rappresentano solo una piccola comunità con bacino d'affluenza limitato. Eppure, solo qualche mese fa, incalzato dal Fatto Quotidiano dichiarò: "Bisogna aspettare, avere pazienza e poi magari ricredersi. Pochi mesi fa il Leyton è arrivato a giocarsi lo spareggio per salire in seconda serie. L’ha perso e ha avuto una ricaduta psicologica. Io ho confermato tutti, ma i due attaccanti che l’anno scorso avevano segnato 40 gol, in questa stagione non hanno ancora visto la porta. In panchina ho un ottimo allenatore, Fabio Liverani. Sono sicuro che faremo benissimo".

Ma il calcio non è un reality, servono i gol e non lo show. E, ancora una volta, dopo tante belle parole ci tocca constatare di come siamo quasi incapaci di esportare modelli imprenditoriali nel mondo del calcio. Perchè, al netto del buon lavoro di Pozzo al Watford, in Inghilterra è così: occorre progettare a lungo termine e non improvvisare. Come si dice: "dal Paradiso all'Inferno". Anzi, dai reality alla retrocessione.

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