sabato 26 marzo 2016

Addio Profeta!


E' un giorno triste e malinconico questo 24 Marzo del 2016, nella suggestiva Barcellona emana il suo ultimo respiro il calciatore Europeo più forte di tutti i tempi, ovvero Hendrik Johannes Cruijff colpito da un cancro ai Polmoni figlio del suo eterno vizio legato al fumo. Nativo del quartiere Betondorp della periferia di Amsterdam, Johan era figlio di Manus Cruijff, titolare di un negozio di frutta e verdura che lavorava duramente per mantenere dignitosa la vita dei suoi cari, in un contesto che non si può certo definire benestante. Johan trascorre la sua infanzia giocando al pallone appena trova tempo libero, insieme al fratello Heini, passione sfrenata e dalla quale non riesce proprio a staccarsi, tanto che la madre in un'intervista televisa dichiarò che suo figlio ha probabilmente frantumato ogni finestra del quartiere con il suo pallone. E' sulla strada che Johan si sente libero, come si è sempre sentito d'altronde, refrattario a qualsiasi regola e sempre pronto a esprimere il suo pensiero senza la minima paura dell'interlocutore che aveva di fronte. Ed è sulla strada che impara le movenze che poi hanno fatto la sua fortuna da calciatore, impara cioè a non cadere o almeno a farlo nella minor parte dei casi perchè cadere sull'asfalto è decisamente doloroso. La natura a dire il vero non è stata generosa con lui, regalandogli un fisico gracile, i piedi piatti e una caviglia deformata che lo costringeva a indossare delle calzature particolari, le famose "Robinson" in un negozio che dopo qualche anno rileverà lui stesso per far lavorare suo fratello.
La vita non è stata semplice per il ragazzino prodigio, infatti a soli 12 anni perde il padre vittima di un attacco cardiaco e la madre si vede costretta a vendere casa e negozio per tirare avanti, ma fortunatamente la famiglia abita vicino allo stadio e la sede dell'Ajax e tutti conoscono questo giovane talento e nelle vesti del vicepresidente dei "lancieri di Amsterdam" offrono uno posto da donna delle pulizie e commessa nel bar della società proprio a questa sfortunata donna. Ovviamente Johan entra negli allievi della squadra e si fa voler bene da tutti, l'unico con il quale non lega per ironia di uno strano destino è il centravanti mastodontico dell'Ajax, quel Rinus Michels che poi diventerà il suo mentore e se lo porterà pure a Barcellona, come se fossero legati da un immaginario cordone ombelicale, una liaison indissolubile.
Cruijff vince il suo primo trofeo giovanile a 14 anni, un numero che poi si porterà dietro per sempre come rito scaramantico, in un'epoca dove c'era ancora la tradizionale numerazione da 1 a 11. Ma lui era diverso, un pensiero calcistico avanti di almeno trent'anni rispetto a tutti quelli che lo circondavano, non solo in Olanda, ma nel mondo. Abbagliato dalle gesta di Di Stefano che vedeva nei cinegiornali dell'epoca, rimane stupito dai suoi movimenti e comincia a pensare quello che poi prenderà il nome di calcio totale, ovvero un sistema di gioco in cui viene sdoganato il legame tra giocatore e ruolo, con conseguente alternanza dello stesso gioctore in tutte le fasi possibili, da quella realizzativa a quella di supporto alle punte, per finire a quella di contenimento. Ebbene Johan nella sua longeva carriera sa recitare benissimo in tutte e tre le fasi, dimostrandosi un mastino implacabile in fase di non possesso. Giocatore dall'incedere elegante, sempre a testa alta come solo i grandi riescono a fare, ma allo stesso tempo travolgente con accellerazioni improvvise, specie partendo da fermo e saltando l'avversario con il famoso "no look", sguardo verso un lato del campo e poi con un colpo di tacco via in direzione opposta sotto lo sguardo stupito e impotente del proprio marcatore. per lui il grande Brera coniò l'aggettivo di "Pelè bianco" mentre per Sandro Ciotti era "il poeta del gol".
Il suo segreto è sempre stato il suo intuito, la velocità di pensiero prima che di gamba, caratteristica che gli permetteva di saltare il proprio marcatore e quello successivo in una manciata di secondi e concludere a rete mentre gli altri ancora non avevano capito cosa stava succedendo intorno a loro. La sua ossessione per lo spazio e il modo di occupare il rettangolo di gioco lo renderà successivamente uno degli allenatori più innovativi della storia del calcio, lui era un cosiddetto visionario, vedeva quello che nessuno poteva comprendere. Potrei citare a questo proposito due veloci aneddoti, il primo relativo alla partita di Coppa dei Campioni del 1966, quando l'allora allenatore del Liverpool ironizzava sugli avversari con la famosa frase " Ma sono sicuri di voler giocare contro di noi ? una squadra di detersivi ? " ...ebbene quel match si concluse con un sontuoso 5-1 e l'allenatore dei Reds che a bordocampo ripeteva : " Ma cosa sta succedendo ? " ....semplice, era il calcio che non era mai stato giocato, era il calcio totale di Cruijff. Il secondo invece riguarda Nereo Rocco che dopo aver mandato a visionare l'Ajax, nell'osservare gli appunti dell'osservatore con tutti i movimenti del genio con il numero 14 esclamò : " Non ho capito niente con tutte queste freccie, ma è un film di indiani e cowboy ? "...già, il calcio di quell'Ajax non era comprensibile perchè era semplicemente di un'altra epoca distante almeno trent'anni.
Tre coppe dei campioni consecutive vinte e tre palloni d'oro, sono la sintesi di quella squadra straordinaria e se il poeta del gol non si è ripetuto in Nazionale, è stato solo per il suo cattivo rapporto con la federazione che lo sospese un anno per via di un cartellino rosso ricevuto. Carattere burbero, irascibile, sempre contro corrente, capello lungo, ritiri con presenze femminili, un autentico tornado che ha ribaltato completamente il mondo del calcio ed infatti una delle sue affermazioni più celebri fu : " Io sono nato nel 1947 e la nostra generazione vuole cambiare questo mondo dopo gli effetti nefasti della guerra, vuole cambiarne le regole ". Il calcio infatti è passato da quel modo compassato di giocare degli anni 60, ad uno più frenetico, tanto è vero che la famosa finale del 1974 tra Germania e Olanda vide la bellezza di 13 calci d'angoli a 12 nel computo finale, segno di continui ribaltamenti di fronte, era iniziata una nuova epoca per lo sport più popolare al mondo.
L'esperienza a Barcellona fu il secondo capitolo importante della sua vita calcistica, un contesto in cui si calò come nessuno tanto è vero che lo definirono il miglior "non Catalano" che abbia mai vestito la divisa blaugrana. Rifiutata la soluzione Madrilista espressione del Franchismo da lui mai amato, fu protagonista di un impatto devastante, un titolo di Liga vinto dopo 14 anni di digiuno e una manita clamorosa proprio ai danni del Real Madrid, schiantato da una squadra diventata fenomenale.
Fu poi il primo calciatore ad attraversare l'oceano per giocare negli Stati Uniti, con le maglie di Los Angeles e Washington, sempre con contratti faraonici e prestazioni mai dimenticate che hanno fatto da apripista al football in un territorio dove a essere celebri erano ben altri sport. Prima di appendere le scarpe al chiodo fece in tempo a vincere ancora con la maglia del suo amato Ajax e del Feyenoord, oltre ad avere vestito in occasione del Mundialito del 1981 la maglia del Milan per una sola partita, torneo organizzato dal futuro Presidente del Milan Silvio Berlusconi.
Da allenatore ottenne discreti risultati con l'Ajax, ma quelli più importanti sono stati quelli sulla panchina del Barcellona, letteralmente trasformato dalla sua idea di calcio, solo uomini longilinei, veloci, di statura medio-bassa con tre punte che costringevano l'avversario a giocare con almeno 5 difensori. Il suo Barcellona aveva Laudrup, Romario e Stoichcov davanti, con Pep Guardiola in regia e Koeman baluardo offensivo, squadra che vinse la prima coppa dei campioni del club nel 1992 contro la Sampdoria di Vialli e Mancini. Un litigio tra Johan e il suo presidente ci impedì di assistere ad una squadra stellare perchè erano in procinto di arrivare chiesti proprio dal genio Olandese, sia Zidane che Giggs, per esprimere quel calcio che solo lui vedeva, vicino se vogliamo al famoso Brasile dei 5 numeri 10 della famosa edizione dei Mondiali del 1970.
Pep Guardiola, quello che si è preso la scena in questi anni, non è altro che un allievo di Crujiff, da lui ha capito come diventare un campione e come mettere in campo una squadra vincente, perchè nel calcio come spesso ripeteva, vince chi occupa più spazio, chi gioca in maniera semplice ed è proprio la semplicità la difficoltà maggiore nel praticare questo sport.
Ci mancherà molto, personaggi come lui hanno fatto la storia del calcio e ogni volta che scorrono le immagini di repertorio delle sue giocate è come leggere una poesia, ci si emoziona, si torna a respirare il lato più bello di uno sport sempre meno legato ai sentimenti e sempre più al business e da oggi non posso negare che qualche lacrima scende spontanea, grazie di tutto johan non ti scorderemo mai, quelli come te sono immortali nella memoria collettiva.
Enrico Giordano

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