E' un giorno triste e malinconico questo 24 Marzo del 2016, nella
suggestiva Barcellona emana il suo ultimo respiro il calciatore
Europeo più forte di tutti i tempi, ovvero Hendrik Johannes Cruijff
colpito da un cancro ai Polmoni figlio del suo eterno vizio legato al
fumo. Nativo del quartiere Betondorp della periferia di Amsterdam,
Johan era figlio di Manus Cruijff, titolare di un negozio di frutta
e verdura che lavorava duramente per mantenere dignitosa la vita dei
suoi cari, in un contesto che non si può certo definire benestante.
Johan trascorre la sua infanzia giocando al pallone appena trova
tempo libero, insieme al fratello Heini, passione sfrenata e dalla
quale non riesce proprio a staccarsi, tanto che la madre in
un'intervista televisa dichiarò che suo figlio ha probabilmente
frantumato ogni finestra del quartiere con il suo pallone. E' sulla
strada che Johan si sente libero, come si è sempre sentito
d'altronde, refrattario a qualsiasi regola e sempre pronto a
esprimere il suo pensiero senza la minima paura dell'interlocutore
che aveva di fronte. Ed è sulla strada che impara le movenze che
poi hanno fatto la sua fortuna da calciatore, impara cioè a non
cadere o almeno a farlo nella minor parte dei casi perchè cadere
sull'asfalto è decisamente doloroso. La natura a dire il vero non è
stata generosa con lui, regalandogli un fisico gracile, i piedi
piatti e una caviglia deformata che lo costringeva a indossare delle
calzature particolari, le famose "Robinson" in un negozio
che dopo qualche anno rileverà lui stesso per far lavorare suo
fratello.
La vita non è stata semplice per il ragazzino prodigio, infatti a
soli 12 anni perde il padre vittima di un attacco cardiaco e la madre
si vede costretta a vendere casa e negozio per tirare avanti, ma
fortunatamente la famiglia abita vicino allo stadio e la sede
dell'Ajax e tutti conoscono questo giovane talento e nelle vesti del
vicepresidente dei "lancieri di Amsterdam" offrono uno
posto da donna delle pulizie e commessa nel bar della società
proprio a questa sfortunata donna. Ovviamente Johan entra negli
allievi della squadra e si fa voler bene da tutti, l'unico con il
quale non lega per ironia di uno strano destino è il centravanti
mastodontico dell'Ajax, quel Rinus Michels che poi diventerà il suo
mentore e se lo porterà pure a Barcellona, come se fossero legati
da un immaginario cordone ombelicale, una liaison indissolubile.
Cruijff vince il suo primo trofeo giovanile a 14 anni, un numero che
poi si porterà dietro per sempre come rito scaramantico, in
un'epoca dove c'era ancora la tradizionale numerazione da 1 a 11. Ma
lui era diverso, un pensiero calcistico avanti di almeno trent'anni
rispetto a tutti quelli che lo circondavano, non solo in Olanda, ma
nel mondo. Abbagliato dalle gesta di Di Stefano che vedeva nei
cinegiornali dell'epoca, rimane stupito dai suoi movimenti e
comincia a pensare quello che poi prenderà il nome di calcio totale,
ovvero un sistema di gioco in cui viene sdoganato il legame tra
giocatore e ruolo, con conseguente alternanza dello stesso gioctore
in tutte le fasi possibili, da quella realizzativa a quella di
supporto alle punte, per finire a quella di contenimento. Ebbene
Johan nella sua longeva carriera sa recitare benissimo in tutte e tre
le fasi, dimostrandosi un mastino implacabile in fase di non
possesso. Giocatore dall'incedere elegante, sempre a testa alta
come solo i grandi riescono a fare, ma allo stesso tempo travolgente
con accellerazioni improvvise, specie partendo da fermo e saltando
l'avversario con il famoso "no look", sguardo verso un
lato del campo e poi con un colpo di tacco via in direzione opposta
sotto lo sguardo stupito e impotente del proprio marcatore. per lui
il grande Brera coniò l'aggettivo di "Pelè bianco" mentre
per Sandro Ciotti era "il poeta del gol".
Il suo segreto è sempre stato il suo intuito, la velocità di
pensiero prima che di gamba, caratteristica che gli permetteva di
saltare il proprio marcatore e quello successivo in una manciata di
secondi e concludere a rete mentre gli altri ancora non avevano
capito cosa stava succedendo intorno a loro. La sua ossessione per
lo spazio e il modo di occupare il rettangolo di gioco lo renderà
successivamente uno degli allenatori più innovativi della storia del
calcio, lui era un cosiddetto visionario, vedeva quello che nessuno
poteva comprendere. Potrei citare a questo proposito due veloci
aneddoti, il primo relativo alla partita di Coppa dei Campioni del
1966, quando l'allora allenatore del Liverpool ironizzava sugli
avversari con la famosa frase " Ma sono sicuri di voler giocare
contro di noi ? una squadra di detersivi ? " ...ebbene quel
match si concluse con un sontuoso 5-1 e l'allenatore dei Reds che a
bordocampo ripeteva : " Ma cosa sta succedendo ? "
....semplice, era il calcio che non era mai stato giocato, era il
calcio totale di Cruijff. Il secondo invece riguarda Nereo Rocco che
dopo aver mandato a visionare l'Ajax, nell'osservare gli appunti
dell'osservatore con tutti i movimenti del genio con il numero 14
esclamò : " Non ho capito niente con tutte queste freccie, ma
è un film di indiani e cowboy ? "...già, il calcio di
quell'Ajax non era comprensibile perchè era semplicemente di
un'altra epoca distante almeno trent'anni.
Tre coppe dei campioni consecutive vinte e tre palloni d'oro, sono
la sintesi di quella squadra straordinaria e se il poeta del gol non
si è ripetuto in Nazionale, è stato solo per il suo cattivo
rapporto con la federazione che lo sospese un anno per via di un
cartellino rosso ricevuto. Carattere burbero, irascibile, sempre
contro corrente, capello lungo, ritiri con presenze femminili, un
autentico tornado che ha ribaltato completamente il mondo del calcio
ed infatti una delle sue affermazioni più celebri fu : " Io
sono nato nel 1947 e la nostra generazione vuole cambiare questo
mondo dopo gli effetti nefasti della guerra, vuole cambiarne le
regole ". Il calcio infatti è passato da quel modo compassato
di giocare degli anni 60, ad uno più frenetico, tanto è vero che
la famosa finale del 1974 tra Germania e Olanda vide la bellezza di
13 calci d'angoli a 12 nel computo finale, segno di continui
ribaltamenti di fronte, era iniziata una nuova epoca per lo sport
più popolare al mondo.
L'esperienza a Barcellona fu il secondo capitolo importante della sua
vita calcistica, un contesto in cui si calò come nessuno tanto è
vero che lo definirono il miglior "non Catalano" che abbia
mai vestito la divisa blaugrana. Rifiutata la soluzione Madrilista
espressione del Franchismo da lui mai amato, fu protagonista di un
impatto devastante, un titolo di Liga vinto dopo 14 anni di digiuno
e una manita clamorosa proprio ai danni del Real Madrid, schiantato
da una squadra diventata fenomenale.
Fu poi il primo calciatore ad attraversare l'oceano per giocare negli
Stati Uniti, con le maglie di Los Angeles e Washington, sempre con
contratti faraonici e prestazioni mai dimenticate che hanno fatto da
apripista al football in un territorio dove a essere celebri erano
ben altri sport. Prima di appendere le scarpe al chiodo fece in
tempo a vincere ancora con la maglia del suo amato Ajax e del
Feyenoord, oltre ad avere vestito in occasione del Mundialito del
1981 la maglia del Milan per una sola partita, torneo organizzato
dal futuro Presidente del Milan Silvio Berlusconi.
Da allenatore ottenne discreti risultati con l'Ajax, ma quelli più
importanti sono stati quelli sulla panchina del Barcellona,
letteralmente trasformato dalla sua idea di calcio, solo uomini
longilinei, veloci, di statura medio-bassa con tre punte che
costringevano l'avversario a giocare con almeno 5 difensori. Il suo
Barcellona aveva Laudrup, Romario e Stoichcov davanti, con Pep
Guardiola in regia e Koeman baluardo offensivo, squadra che vinse la
prima coppa dei campioni del club nel 1992 contro la Sampdoria di
Vialli e Mancini. Un litigio tra Johan e il suo presidente ci impedì
di assistere ad una squadra stellare perchè erano in procinto di
arrivare chiesti proprio dal genio Olandese, sia Zidane che Giggs,
per esprimere quel calcio che solo lui vedeva, vicino se vogliamo al
famoso Brasile dei 5 numeri 10 della famosa edizione dei Mondiali del
1970.
Pep Guardiola, quello che si è preso la scena in questi anni, non
è altro che un allievo di Crujiff, da lui ha capito come diventare
un campione e come mettere in campo una squadra vincente, perchè
nel calcio come spesso ripeteva, vince chi occupa più spazio, chi
gioca in maniera semplice ed è proprio la semplicità la difficoltà
maggiore nel praticare questo sport.
Ci mancherà molto, personaggi come lui hanno fatto la storia del
calcio e ogni volta che scorrono le immagini di repertorio delle sue
giocate è come leggere una poesia, ci si emoziona, si torna a
respirare il lato più bello di uno sport sempre meno legato ai
sentimenti e sempre più al business e da oggi non posso negare che
qualche lacrima scende spontanea, grazie di tutto johan non ti
scorderemo mai, quelli come te sono immortali nella memoria
collettiva.
Enrico Giordano
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