sabato 27 maggio 2017

Il pupillo del Tata


Per imbastire un progetto ambizioso occorrono giocatori di qualità. E' questa la premessa con cui gli Atlanta United si sono affacciati al mondo della MLS con sportiva prepotenza. 
La campagna acquisti condotta dalla società georgiana ha portato in dote individualità di spicco in ogni reparto. Il vero volto, colui che rappresenta in pieno l'essenza della franchigia, siede però in panchina: Gerardo Martino ha accettato subito la chiamata di Atlanta, convinto dalla proposta di un club che lo ha cercato fortemente per dargli in mano quella che nel giro di pochi anni potrebbe diventare una fuoriserie.



Le potenzialità per crescere esponenzialmente ci sono tutte, nonostante un inizio di campionato non particolarmente positivo: la squadra infatti segna tanto (ad oggi è il secondo attacco della Lega) ma, per ora, l'enorme mole di gioco offensivo prodotto viene annullato dalle troppe disattenzioni difensive. D'altronde tutto ciò era preventivabile, visto che la franchigia è stata costruita partendo da una semplice idea di squadra, poi completata pezzo dopo pezzo.

Pur non essendo un tecnico da lista della spesa, il Tata Martino al momento della firma con Atlanta ha imposto un solo paletto, insindacabile.

"Fate di tutto per darmi Almiron!"

Così la società lo ha accontentato, forte anche delle recensioni positive che arrivavano dall'Argentina. Il giocatore per il quale l'ex ct dell'Argentina ha perso la testa è Miguel Almiron, uno dei talenti paraguayani migliori in circolazione in questo preciso momento storico.

I più attenti cultori di calcio internazionale lo avranno sentito nominare quando, un anno fa, venne accostato ad Inter, Arsenal e Torino dopo aver disputato un'ottima Coppa America con la maglia del Paraguay. Almiron è un classe 1994 ed è salito alla ribalta delle cronache per il suo anno giocato nel sud di Buenos Aires con il Lanus. Un'anno più che positivo sia a livello di rendimento che di risultati, visto che anche grazie al suo contributo il Granate riesce a mettere in bacheca il secondo titolo della sua storia. 

Per raccontare Almiron e spiegare il motivo per cui ha tanti estimatori, dobbiamo spostarci qualche chilometro più a nord della capitale argentina. Miguel nasce ad Asuncion nei pressi del barrio San Pablo, ed è proprio con il club di quartiere - il 3 de Noviembre - che inizia ad approcciarsi al fútbol. Almiron mostra subito la sua predisposizione per il gioco offensivo, tanto che quando nel 2008 il Cerro Porteño lo porta nel proprio vivaio, l'allora quattordicenne figlio di un immigrato uruguagio e di una donna del posto, agisce principalmente da trequartista.




Il suo piede sinistro disegna traiettorie magiche. Segna, e tanto, soprattutto a livello giovanile.

Nel 2012 il Cerro lo aggrega alla prima squadra, e lì Almiron rimane folgorato da colui che sarà - di fatto - l'artefice della sua esplosione. Il club del barrio Obréro in quel periodo è allenato da Jorge Fossati, santone uruguagio reduce dal trionfo nella Champions League asiatica, chiamato ad Asuncion per riportare il titolo alla "Olla". Almiron è il cardine del suo centrocampo. Sì, avete capito bene, del centrocampo; dopo l'esordio e le prime partite da titolare, Almiron viene trasformato in mezzala sinistra, perché Fossati intravede in lui un potenziale "tuttocampista" e vuole sfruttarne la duttilità anche per la fase difensiva. Dopo la conquista del Torneo Apertura Almiron parte per il Sudamericano Sub-20, che l'Albirroja chiuderà al secondo posto.

Dopo due stagioni da protagonista, ecco l'occasione lontana da casa: il Lanus. Alla "Fortaleza" Almiron diventa presto uno degli insostituibili, e poco importa che proprio a metà della sua avventura il Granate si separi da Barros Schelotto per affidarsi ad un altro Almiron, Jorge.

Miguel è il comune denominatore tra i due tecnici, il simbolo di una continuità tecnica che dalle parti di Lanus non sono abituati ad accettare.

Lui, assieme alla colonia di connazionali, scrivono un pezzo di storia del club. Con l'inizio del nuovo anno però le sirene di mercato si fanno troppo insistenti, e il Lanus non ha più la possibilità di trattenerlo. Così, dopo aver quasi firmato per un club arabo, opta per la MLS, dove ad aspettarlo ci sono Martino ed un contratto da Designated Player.

Con lo sbarco negli Stati Uniti arriva l'ennesimo mutamento tattico. Almiron, impossessatosi della maglia numero 10, torna all'antico ruolo di trequartista. Martino lo usa prevalentemente nel 4-2-3-1, un suo marchio di fabbrica. Il motivo è molto semplice: Atlanta non ha un vero centravanti di ruolo (se si esclude Kenwyne Jones, ormai sulla via del tramonto), così avvicinare le sue qualità balistiche - unite al fatto che le difese americane non sono, eufemismo, assolutamente imperforabili - permette al giocatore di arrivare al tiro con più facilità.

Non è un caso che Almiron abbia già eguagliato il suo record di gol stagionali, che risaliva all'ultima stagione giocata al Cerro Porteño. Il gol, tuttavia, non è l'unica discriminante per farsi un'idea dell'Almiron calciatore; nell'anno a Lanus, ad esempio, sono arrivate solo tre reti, ma tutte molto importanti. Tra queste, la straordinaria "vaselína" nel clasico del Sur contro il Banfield, in uno dei match decisivi per la vittoria del titolo.


Almiron possiede un ottimo tiro dalla distanza, qualità affinata molto durante gli allenamenti e particolarmente decisiva quest'anno. Per Atlanta rappresenta il cardine centrale del gioco, colui che tocca più palloni e dalla cui giornata dipende il rendimento della squadra. Quando non ha giocato, la luce si è inevitabilmente spenta. Il suo sinistro è apparso ispirato soprattutto nelle ultime settimane, quando con una tripletta ha steso letteralmente da solo Houston.


Per una nazionale in fase di rifondazione come il Paraguay era necessario trovare linfa verde nei giovani prodotti dei vivai locali. Almiron fa parte del gruppo guaraní ormai da due anni; dopo l'esordio nelle qualificazioni mondiali è arrivata anche la convocazione per la Copa America Centenario, giocata da titolare, assieme alla nuova nidiata di talenti locali come Derlis Gonzalez e i gemelli Angél ed Oscar Romero.

La MLS e Atlanta rappresentano la tappa decisiva della sua carriera, perché da qui in poi - qualora dovesse trovare continuità di rendimento - ogni momento è buono per vedersi spalancare le porte del calcio europeo. Per ora, però, il Tata se lo tiene stretto: "Ho fatto di tutto per averlo - ha dichiarato il dt argentino nel giorno della presentazione di Almiron - lo seguivo da tanto: ha tecnica e qualità, sarà uno dei leader attorno al quale costruiremo la squadra".

Detto, fatto. Martino di calcio ne mastica. E anche questa volta lo ha dimostrato.



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