lunedì 24 settembre 2018

Sponsor, marketing e nuovi media: l'ascesa della Saudi Premier League

Il logo ufficiale della Saudi Professional League


L'assegnazione della Coppa del Mondo 2022 al Qatar ha aperto definitivamente una finestra sul calcio medio-orientale. Negli ultimi anni Qatar, Emirati Arabi e Arabia Saudita hanno avuto un forte impatto sull'economia sportiva del continente asiatico, tanto
che – a livello di club e di risultati – i tre movimenti calcistici locali sono cresciuti esponenzialmente. Una crescita tangibile, direttamente proporzionale all'aumento degli investimenti e degli sforzi economici profusi da società e federazioni.

Contrariamente ad altri paesi asiatici, che hanno investito molto su calciatori di dubbia qualità disinteressandosi del contorno, la strada intrapresa da Emirati Arabi e Qatar verte principalmente al valorizzare le infrastrutture. Questi ultimi, tra l'altro, sono alle prese con una vera e propria missione impossibile, ovvero quella di consegnare per tempo tutti gli impianti promessi in vista del mondiale, che si disputerà tra soli quattro anni. Al momento le cose non procedono affatto bene, tra ritardi sulla tabella di marcia e denunce di Amnesty International su presunte violazioni dei diritti umani.

L'Arabia Saudita invece ha scelto una via di mezzo. Nell'ultima finestra di mercato la Saudi Premier League si è assestata al quinto posto nella speciale classifica delle leghe nazionali che più hanno speso nel calciomercato. Quella estiva è stata una sessione molto importante, che ha smosso – secondo l'ultimo report redatto dalla FIFA - la cifra record di oltre 152 milioni di dollari. A Riyadh e dintorni sono arrivati giocatori ancora nel pieno della carriera, in un processo di crescita che punta, tra qualche anno, a far tornare protagonisti i club locali a livello internazionale. La società che ha speso di più è stata l'Al Nasr: nella capitale è stato investito l'equivalente di quasi 46 milioni di euro per cinque cartellini. Il più importante, quello del nigeriano Ahmed Musa, è costato oltre 16 milioni. Poi, a scendere, sono stati messi a bilancio gli ingaggi del brasiliano Giuliano (10.5 milioni di euro), Nordin Amrabat (8.5), Abderazak Hamdallah (6) e Petros (5).

L'acquisto più importante lo hanno però messo a segno i campioni in carica dell'Al Hilal: dai vicini Emirati è arrivato Omar Abdulrahman che, a 27 anni, ha deciso di lasciare la sua comfort zone di Dubai per cimentarsi in un nuovo contesto. Oltre a essere un grandissimo giocatore, il fantasista di origine yemenita è una vera e propria macchina da soldi: considerato il giocatore più forte e rappresentativo del continente nonostante non abbia mai giocato in Europa, “Moory” è testimonial Nike dal 2012 e ha vinto il Pallone d'Oro asiatico nel 2016, un titolo che gli ha regalato la copertina del famoso videogioco Pro Evolution Soccer. Il matrimonio tra Al Hilal e Abdulrahman ha portato ulteriore visibilità a un club che, già da anni, ha investito forze e risorse nella valorizzazione del proprio brand, nel marketing e nei media.

Oltre a essere una delle società asiatiche più pagate dalla Nike, sponsor tecnico dal 2013, l'Al Hilal ha recentemente stretto accordi commerciali col colosso automobilistico Wolfswagen, con Bupa Arabia (una società assicurativa) e soprattutto con Kingdom Company, una delle holding di investimento più famose al mondo. L'immissione di nuovi capitali, oltre alla presenza di uno sponsor storico come Mobily – che, poco tempo fa, ha rinnovato la partnership col club biancoblu per un totale di 138 milioni di dollari in sei anni – hanno permesso all'Al Hilal di espandersi su territorio locale. Nel 2011 la società ha aperto il primo fan shop di tutta l'Arabia Saudita, acquistando un intero edificio nel centro di Riyadh per 4 milioni di dollari. A fine 2013 altri due store ufficiali sono stati inaugurati tra Khor e Jeddah, in un processo di espansione che si pone come obiettivo la promozione a livello nazionale del marchio Al Hilal. Un'altra innovazione riguarda l'introduzione della membership card, una sorta di carta fedeltà creata sul modello inglese, con la quale i soci possono ottenere varie agevolazioni sulle iniziative del club. Tutto questo ha generato un circolo virtuoso al quale, ovviamente, si è aggrappata anche la federazione, che ogni anno paga circa 2 milioni di dollari per trasmettere in esclusiva le partite dell'Al Hilal.

A margine, è stato inaugurato anche il canale tematico della società, con gli studi situati all'interno del camp costruito dall'ex presidente Abdulrahman bin Musa'ad; si tratta di una piccola cittadella situata alle porte di Riyadh con alberghi, campi da calcio, meeting rooms, una biblioteca, ristoranti e una clinica medica, oltre agli impianti dove si allena la prima squadra. Altri club sauditi stanno per seguire questo esempio: l'Al Ittihad, club con sede a Jeddah che nel 2014 ha inaugurato il nuovo King Abdullah Sports City Stadium, a breve costruirà un nuovo centro sportivo e aprirà il suo primo store ufficiale al centro della città, nelle vicinanze di quello dei rivali dell'Al Hilal.

Un occhio al campo, ma non solo: la strada imboccata dall'Arabia Saudita sembra proprio quella vincente.

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